Il cardinale Sgreccia (Archivio Siciiani)
È morto oggi a Roma il cardinale Elio Sgreccia, pioniere della bioetica italiana, presidente emerito della Pontificia Accademia per la vita. Domani avrebbe compiuto 91 anni. Negli ultimi mesi, oltre ai problemi cardiaci che lo affliggevano da tempo, era stato colpito anche dalla polmonite. Da circa un mese era ricoverato al Gemelli ma, venerdì scorso, sentendo avvicinarsi la fine, aveva chiesto di essere riaccompagnato a casa. Martedì era tornato nella sua abitazione. Ha trascorso le ultime ore commentando, sempre lucidissimo, alcune foto che lo ritraevano giovane sacerdote. «Fino alla fine è stato coerente con il suo approccio bioetico e – racconta la nipote Palma Sgreccia – quando ha capito che le cure a cui veniva sottoposto non erano più proporzionate al suo stato di salute, ha chiesto di evitare ogni accanimento terapeutico». Docente di Bioetica all’Università Cattolica, direttore del Centro di Bioetica nello stesso ateneo, dal 1990 al 2006 membro del Comitato nazionale di Bioetica, è stato creato cardinale da Benedetto XVI nel 2010. Ha all’attivo centinaia di pubblicazioni tradotte in tutto il mondo.
Palma Sgreccia, la nipote di "don Elio", ricorda di aver battuto a macchina il primo manuale di bioetica scritto dallo zio. «Era l’estate nel 1985. Due anni prima aveva vinto il concorso da ordinario alla Cattolica. Serviva un testo per medici e biologi. Lo buttò giù nell’estate trascorsa a casa del fratello Quinto, mio padre. E io, allora liceale, cominciai in quel modo a capire qualcosa di bioetica».
Di quel manuale Maria Luisa Di Pietro, allora giovanissimo medico, partecipò alla revisione delle bozze. «Don Elio aveva una straordinaria culturale filosofica e teologica, ma non era medico. Quindi, quando si trattava di verificare termini e aspetti medici, chiedeva aiuto a noi».
Solo chi non conosceva a fondo il cardinale Sgreccia potrebbe stupirsi che a raccontarlo siano due donne. La nipote e l’allieva prediletta. Oggi entrambe bioeticiste affermate. Entrambe grate di aver avuto un maestro di quella tempra. Grande studioso, certo, ma soprattutto, uomo buono e sacerdote coerente nella Chiesa e per la Chiesa. «Mio zio aveva un pensiero ricorrente in questi ultimi tempi, per lui motivo di grande rammarico: essere stato annoverato nel "partito" contrario a papa Francesco. Non era assolutamente vero». La conferma anche nell’ultima intervista rilasciata al nostro quotidiano, proprio un anno fa, quando ragionando su Amoris laetitia, volle esprimere la sua gratitudine al Papa «per quello che insegna nella chiave di una nuova metodologia pastorale – ci disse il cardinale Sgreccia – senza cambiare la serietà e la verità del patto coniugale e del sacramento». All’inizio degli anni Ottanta la bioetica in Italia era davvero in una fase pionieristica. Soprattutto quella di ispirazione cattolica. A parte gli studi di Tettamanzi e di Caffarra – che Sgreccia, per quanto più anziano di entrambi, non si vergognava di ricordare come i suoi due maestri – tutta la produzione del settore si poteva raccogliere in un paio di scaffali. «Non è stato solo il padre della bioetica italiana – riprende Maria Luisa Di Pietro – ma è stato il fondatore di una scuola di pensiero, che lui chiamava il "metodo triangolare, cioè il fondamento metafisico del personalismo. E non solo in Italia. È stato decine di volte in Sud America per spiegare il pensiero personalista applicato alla bioetica. E poi, con lo stesso impegno, in Corea. Quando la forze non l’hanno più sorretto, ha cominciato a mandare me».
Il merito di Sgreccia? «La capacità di ascolto e di dialogo», assicura la nipote. «La nostra è sempre stata una famiglia pluralista. Mio nonno era socialista. Don Elio aveva studiato Lettere e filosofia all’Università di Bologna in un clima di laicità. E quella lezione non l’ha mai dimenticata. Lo scorso anno aveva voluto essere inserito nel comitato direttivo del Master in bioetica laica organizzato dall’Università di Torino. Non amava le polemiche ma non temeva il confronto. Dialogava con tutti, anche con chi era apparentemente lontano dalle posizioni cattoliche». Era interessato alla persona in senso integrale. Chi cercava di capire, approfondire, aprire strade nuove nell’ambito della bioetica e dell’antropologia umana, poteva essere certo di averlo al suo fianco. «Abbiamo lavorato insieme ai temi di inizio vita, alla sessuologia e alla fecondità umana, ma in generale – riprende Maria Luisa Di Pietro – tutto quanto riguardava salute procreativa, sessualità e diagnosi prenatale costituiva il suo campo di interesse».
La collaborazione non si è mai interrotta. Anche in questi ultimi anni in cui la docente ha spostato i suoi obiettivi all’analisi delle povertà infantili, Sgreccia non ha mai mancato di intervenire con consigli e suggerimenti. D’accordo pienamente, anche in questo, con papa Francesco secondo cui la difesa della vita deve riguardare ogni ambito e ogni momento dell’esistenza, non solo l’inizio e la fine. Una coerenza che derivava dalla sua formazione di sacerdote ma anche dalle tradizioni familiari di impegno e di laboriosità. Riprende Palma Sgreccia: «Spesso, al termine di una giornata di lavoro, don Elio si chiedeva: "Chissà se, nel giudizio mio padre, oggi mi sarò guadagnato la giornata". Il nonno infatti, da buon socialista, riteneva che i preti non dovessero sudare molto per portare a casa la pagnotta. E, ricordandolo, sorrideva con bonomia».
Fino all’ultimo il suo impegno per lo studio della bioetica è stato totale. Lo scorso autunno aveva voluto raggiungere Fano per l’inaugurazione di un master, proprio nella sede del seminario di cui era stato vice-rettore. «Era stanchissimo – conclude Di Pietro – ma non aveva voluto mancare. Anzi, ha preteso di tenere il discorso inaugurale». Uno degli ultimi, probabilmente, prima che la malattia gli prosciugasse le forze.
Il telegramma del Papa
«Ricordo con animo grato il suo generoso servizio alla Chiesa, specialmente la preziosa e solerte opera in difesa del fondamentale valore della vita umana, mediante una capillare azione di studio, di formazione e di evangelizzazione». Così papa Francesco nel telegramma di cordoglio inviato ai familiari del cardinale Sgreccia. «Innalzo fervide preghiere di suffragio – prosegue il Pontefice – perché il Signore auspice la Vergine Maria, accolga così zelante servitore del Vangelo nel gaudio e nella pace eterna, ed invio la benedizione apostolica a quanti condividono il dolore per la sua scomparsa».