Depenalizzazione parziale dell’assistenza al suicidio sottoposta a stringenti condizioni; esclusione della nutrizione assistita dal novero dei trattamenti sanitari; possibilità di presentare obiezione di coscienza; rafforzamento delle cure palliative; chiarimento delle circostanze in cui si può somministrare la sedazione profonda. Sono i punti qualificanti del disegno di legge numero 1.888 che punta a introdurre «Modifiche all’articolo 580 del Codice penale in materia di aiuto al suicidio e alla legge 219», quella – per intenderci – sul biotestamento. Con la data del 5 giugno, il progetto è giunto ai parlamentari giovedì e reca le firme di 18 deputati della Lega, primo firmatario Alessandro Pagano, aggiungendosi in corsa ai tre disegni di legge in discussione da alcuni mesi davanti alle Commissioni riunite Affari sociali e Giustizia. Da questi, tuttavia, non si è riusciti ancora a ricavare un testo base unico per aggregare un consenso sufficiente a varare quella nuova norma sul fine vita chiesta dalla Corte costituzionale entro il 24 settembre e dare risposta a casi estremi come quello di Fabiano Antoniani ("dj Fabo").
Tre testi, più uno
Il testo firmato da Pagano costituisce una prima alternativa rispetto a quanto emerso sinora per accogliere le istanze della Consulta prima che i giudici intervengano sulla normativa vigente (in particolare l’articolo 580 del Codice penale che oggi punisce l’aiuto al suicidio senza contemplare eccezioni). I tre ddl depositati sinora – il 1.586 di Andrea Cecconi (ex M5s, ora gruppo misto), il 1.655 di Michela Rostan (Leu) e il 1.875 di Doriana Sarli (M5s) – si spingono invece ben oltre il mandato della Corte, prevedendo forme di legalizzazione dell’eutanasia. La proposta a trazione leghista cerca ora di mettere sul tavolo un percorso che aderisca al mandato della Consulta cercando al contempo di rimediare a qualche vistosa lacuna della legge sulle Dat.
Centrale nel disegno di legge Pagano la formulazione dell’articolo 1 che propone di integrare il 580 del Codice penale con un comma ad hoc per il processo Cappato-Fabo e per i futuri casi assimilabili, mitigando (ma non eliminando) la pena per l’aiuto al suicidio quando esso viene realizzato «nei confronti di una persona tenuta in vita solo mediante strumenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile fonte di intollerabile sofferenza». La nuova pena – da sei mesi a due anni, contro l’attuale previsione di un minimo di 5 anni e un massimo di 12 – è applicabile se l’autore «convive stabilmente con il malato e agisce in stato di grave turbamento determinato dalla sofferenza dello stesso». Il testo qui prende alla lettera le indicazioni della Corte, che nell’ordinanza 207 del 2018 – quella che assegnò al Parlamento i "compiti a casa" – non classificava l’aiuto al suicidio come gesto solidale ma ricordava anzi che riconoscerlo come violazione della legge – pur depotenziata – è «funzionale alla tutela del diritto alla vita, soprattutto delle persone più deboli e vulnerabili, che l’ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema e irreparabile, come quella del suicidio», un’esigenza «di perdurante attualità».
Così cambierebbe il biotestamento
Novità anche all’articolo 2, nel quale si modifica la legge sulle Dat affermando che «l’idratazione e l’alimentazione, anche se garantite attraverso ausili tecnici, non sono considerati trattamenti sanitari» precisando che «la somministrazione di sostanze nutritive, in qualsiasi modalità, deve comunque seguire i criteri dell’appropriatezza medica». Egualmente modificativo della legge 219 è l’articolo 3 che riconosce al «medico» e agli «altri esercenti le professioni sanitarie» la «facoltà di presentare dichiarazione di obiezione di coscienza» se «la sottoposizione o la rinuncia ai trattamenti sanitari ovvero il rispetto delle disposizioni anticipate di trattamento contrastino con la deontologia professionale e con le buone pratiche socio-assistenziali».
Un articolo specifico – il 4 – è poi dedicato a sottrarre le strutture sanitarie private all’obbligo di dare integrale attuazione alla legge sul biotestamento, a integrazione della quale viene aggiunto un comma specifico sulla «prescrizione di un’appropriata terapia del dolore» e «l’erogazione delle cure palliative» previste dall’ottima legge 38 del 2010. Infine il ddl 1.888 precisa che si può ricorrere alla «sedazione palliativa profonda in associazione con la terapia del dolore» – e «con il consenso del paziente» – solo «in presenza di sintomi refrattari ai trattamenti sanitari, accertati e monitorati dagli esperti in cure palliative che hanno preso in carico il paziente».