giovedì 7 aprile 2022
Negli Stati a guida democratica passano leggi che lo rendono libero, in quelli repubblicani si introducono nuovi limiti. Polemiche sul progetto californiano, al quale si stanno apportando correttivi
Manifestazione per il diritto alla vita negli Stati Uniti

Manifestazione per il diritto alla vita negli Stati Uniti

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L’Oklahoma vieta l’aborto. Il Maryland lo rende gratuito e, insieme alla California, cerca protezioni legali per chi interrompe una gravidanza in qualsiasi momento, potenzialmente anche dopo il parto. Negli Stati Unti è in corso una silenziosa rivoluzione sul fronte dell’aborto, che sta dividendo il Paese fra Stati intenti a rimuovere ogni ostacolo alla sua disponibilità e altri che proteggono la vita, ben più di quello che i precedenti federali hanno permesso finora. A creare questo turbinio di attività è l’attesa che la Corte Suprema, a giugno, abroghi o riduca notevolmente la portata della sentenza Roe v. Wade che, da 49 anni, fa da base giuridica alla legalità dell’aborto negli Usa.

La Corte deve pronunciarsi su una legge del Mississippi che vieta l’interruzione di una gravidanza dopo 15 settimane di gestazione. Sei dei nove giudici costituzionali discutendo il caso si sono mostrati orientati a sostenere la misura, indebolendo o annullando Roe, che permette l’aborto fino al momento in cui il feto può sopravvivere fuori dall’utero. Altre giurisdizioni hanno già seguito l’esempio dello Stato del Sud. Il Texas ha proibito l’aborto dopo circa sei settimane. L’Idaho ha detto sì a un’analoga misura a marzo. E il 6 aprile il Parlamento dell’Oklahoma, controllato dai repubblicani, ha approvato un disegno di legge che lo vieta in qualsiasi momento, tranne per salvare la vita della madre in una emergenza medica, prevedendo di punire i trasgressori con una multa fino a 100mila dollari e 10 anni di prigione.

Sono in tutto 26, su 50, gli Stati che hanno approvato o stanno discutendo leggi che rendono illegale o limitato severamente la procedura. Negli altri 24 è cominciata invece una corsa nella direzione opposta. In 15 sono entrate in vigore leggi che sanciscono esplicitamente la legalità dell’aborto nel diritto statale. Sono tutti Parlamenti controllati ai democratici: California, Connecticut, Delaware, Hawaii, Illinois, Maine, Maryland, Massachusetts, Nevada, New Jersey, New York, Oregon, Rhode Island, Vermont e Washington, oltre al Distretto di Columbia, sede della capitale Washington. Altri due Stati dovrebbero presto unirsi a quell’elenco. L’assemblea del Colorado questa settimana ha approvato un disegno di legge che codificherebbe il "diritto" all’aborto senza limiti temporali. Situazione simile in New Mexico, dove un divieto di aborto di vecchia data è stato abrogato.
Molti di questi Stati stanno già assistendo a un forte afflusso di donne incinte al di fuori dei loro confini, tanto che alcuni si stanno muovendo per estendere le loro protezioni legali ai non residenti.

È il caso di Washington, dove il mese scorso il governatore democratico Jay Inslee ha firmato un provvedimento che vieta alle Procure locali di intraprendere azioni legali contro chi riceve un aborto e chi vi assiste, anche in altri Stati. Intanto l’Oregon ha stanziato 15 milioni di dollari per aiutare i fornitori di aborti ad acquistare attrezzature ed espandere la propria forza lavoro, e che per pagare le spese di viaggio di non residenti. Una simile copertura pubblica dei costi dell’aborto, contenuta in una legge che allo stesso tempo permette agli infermieri di eseguire aborti, attende la ratifica del governatore del Maryland Larry Hogan. La firma del repubblicano con ambizioni presidenziali è tutt’altro che scontata sia su questo testo che su un altro che ha sollevato profonde preoccupazioni. Il disegno (Senate Bill 669) vieta «qualsiasi forma di indagine o sanzione per una persona... che subisce una... morte perinatale correlata a un’omissione di agire». Poiché il termine «perinatale» comprende fino a sette giorni di vita del neonato, alcuni gruppi pro-life, oltre allo studio per i diritti costituzionali e religiosi American Center for Law and Justice, temono che il provvedimento potrebbe legalizzare l’infanticidio.

Un dibattito analogo è in corso in California, lo Stato che guida gli sforzi verso la massima liberalizzazione possibile dell’aborto. La scorsa settimana, il governatore Gavin Newsom, un democratico, ha ratificato una misura che impone agli assicuratori privati e al piano sanitario statale di coprire l’intero costo dell’aborto, senza franchigie. Inoltre almeno una dozzina di altre misure sono state proposte dai legislatori. Una di queste, della deputata Buffy Wicks, ha lo scopo di garantire che «nessun californiano venga indagato, perseguito o incarcerato per aver interrotto una gravidanza o aver subito una perdita in relazione alla gravidanza o al suo esito, inclusi aborto spontaneo, nati morti, aborto o morte perinatale». Il California Family Council ha fortemente criticato la misura. Anche il comitato giudiziario dell’Assemblea legislativa dello Stato ha evidenziato come «il disegno di legge potrebbe essere interpretato in modo da immunizzare dalle sanzioni penali per tutti gli esiti della gravidanza, inclusa la morte di un neonato per qualsiasi motivo durante il periodo perinatale dopo il parto per cause non attribuibili a complicazioni della gravidanza». La deputata ieri ha presentato un emendamento che cambia il testo in «morte perinatale dovuta a una causa correlata alla gravidanza».

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