mercoledì 22 giugno 2022
Nella catechesi Francesco: "Dillo a me che devo andare in carrozzina... Ma è così, la vita è così, con la vecchiaia ti vengono tutte queste malattie e dobbiamo accettarle come vengono"
Il Papa: sgomento per l'uccisione di due miei fratelli in Messico

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All’udienza generale in piazza San Pietro, papa Francesco ha affrontato il tema della debolezza senile che porta alla dipendenza dagli altri. Gli anziani non siano invidiosi dei giovani che occupano il loro posto, persino la sequela forzatamente inoperosa, fatta di emozionata contemplazione e di ascolto rapito della Parola del Signore è parte migliore della vita.

IL TESTO INTEGRALE

“Quando eri giovane eri autosufficiente, quando sarai vecchio non sarai più così padrone di te e della tua vita”. A citare questo avvertimento di Gesù a Pietro è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla vecchiaia. “Dillo a me che devo andare in carrozzina!”, ha proseguito a braccio Francesco: “Ma la vita è così’, con la vecchiaia abbiamo tutte queste malattie e dobbiamo accettarle come vengono, non abbiamo la forza dei giovani. E anche la tua testimonianza si accompagnerà a questa debolezza. Tu devi essere testimone di Gesù anche nella vecchia, nella malattia”. A questo proposito, il Papa ha citato una frase di Ignazio di Lojola: “Così come nella vita, anche nella morte dobbiamo dare testimonianza di discepoli di Gesù”. “Il fine vita deve essere di discepoli di Gesù”, ha commentato ancora a braccio Francesco: “Il Signore ci parla sempre secondo l’età che abbiamo”. “La tua sequela dovrà imparare a lasciarsi istruire e plasmare dalla tua fragilità, dalla tua impotenza, dalla tua dipendenza da altri, persino nel vestirsi, nel camminare”, il monito del Papa: “La sequela di Gesù va sempre avanti: con buona salute, con ottima salute, autosufficiente e non autosufficiente: seguire Gesù sempre, a piedi, di corsa, lentamente, in carrozzina, seguirlo sempre, anche nelle condizioni limitate della debolezza e della vecchiaia”.

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Francesco ha scelto il dialogo tra Gesù e Pietro, al termine del Vangelo di Giovanni, per sviluppare la sua quindicesima catechesi sulla vecchiaia all’udienza generale. È quello in cui Gesù chiede a Pietro per tre volte “Mi ami?”, e gli rivela poi il modo in cui terminerà i giorni della sua vita. Un colloquio dal quale il Papa ha preso lo spunto per formulare diversi interrogativi e invitare tutti ad un esame di coscienza. Com’è il nostro rapporto con Cristo? È aperto, franco, diretto, umanamente reale, come quello fra Gesù e Pietro? Oppure è distaccato e il nostro è “un cammino di fede molto astratto, molto autoreferenziale, molto mondano”? Il Pontefice ha avvertito che non è questa la strada di Gesù: "Lui si comporta come uomo, Lui ci parla come uomo, Dio-uomo. Con questa tenerezza, con questa amicizia, con questa vicinanza", "non è come quell’immagine zuccherosa delle immaginette", ma è alla mano, "è vicino a noi".

Ma è poi sulla vecchiaia e sul tempo della vita, sul tempo della testimonianza, che Francesco si è soffermato: “A me piace parlare con gli anziani guardandoli negli occhi: hanno occhi brillanti, che ti parlano più delle parole, la testimonianza di una vita”. Così si è espresso, a braccio, il Papa, nella catechesi. “E questo è bello conservarlo fino alla fine: seguire Gesù pieno di vita”, ha proseguito Francesco sempre fuori testo. “Imparare dalla nostra fragilità ad esprimere la coerenza della nostra testimonianza di vita nelle condizioni di una vita largamente affidata ad altri, largamente dipendente dall’iniziativa di altri”, l’imperativo per gli anziani.

“Con la malattia, con la vecchiaia la dipendenza cresce e non siamo più autodipendenti come prima”, ha detto a braccio: il Papa: “Anche lì c’è Gesù con noi, anche lì c’è la ricchezza della fede vissuta”. “Disponiamo di una spiritualità realmente capace di interpretare la stagione – ormai lunga e diffusa – di questo tempo della nostra debolezza affidata ad altri, più che alla potenza della nostra autonomia?”, la domanda di Francesco, che si è chiesto inoltre: “Come si rimane fedeli alla sequela vissuta, all’amore promesso, alla giustizia cercata nel tempo della nostra capacità di iniziativa, nel tempo della fragilità, nel tempo della dipendenza, nel tempo del congedo, nel tempo di allontanarsi dal protagonismo della nostra vita?”.

Non è facile allontanarsi dall’essere protagonisti della nostra vita”, ha ammesso il Papa: “Questo nuovo tempo è anche un tempo della prova, certamente. Incominciando dalla tentazione – molto umana, indubbiamente, ma anche molto insidiosa –, di conservare il nostro protagonismo”. “E alle volte il protagonismo deve diminuire, deve abbassarsi”, ha sottolineato Francesco a braccio: “Devi accettare che la vecchiaia ti abbassa come protagonista, ma avrai un altro modo di partecipare alla famiglia, alla società, al gruppo degli amici”. No, allora, alla tentazione che ha colto anche Pietro: quella di “ficcare il naso nella vita degli altri”. A questa “curiosità”, ha osservato il Papa a braccio, “Gesù dice: stai zitto! A te che importa? Tu prenderti cura della tua vita, e non ficcare il naso nella vita altri. Tu seguimi”. “Bellissimo”, ha commentato Francesco: “Seguire Gesù: nella vita e nella morte, nella salute e nella malattia, nella vita prospera con tanti successi e nella vita difficile, con tanti momenti brutti. Quando vogliamo metterci nella vita degli altri Gesù risponde: a che te che importa? Tu seguimi!”.

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La vita dell’anziano è un congedo, lento ma gioioso, ha concluso il Papa, l'anziano dovrebbe poter dire: “Ho vissuto la vita, questa è la mia famiglia; ho vissuto la vita, sono stato un peccatore ma anche ho fatto del bene”. E parte migliore della vita degli anziani sarà anche “la sequela forzatamente inoperosa, fatta di emozionata contemplazione e di ascolto rapito della parola del Signore”, ha aggiunto Francesco raccomandando di ascoltare gli anziani, di aiutarli perchè "possano vivere ed esprimere la loro saggezza di vita", "possano darci quello che hanno di bello e di buono". E domandando agli anziani di guardare ai giovani sempre con un sorriso, perché porteranno avanti ciò che è stato seminato o fatto.

Le parole di vicinanza all'Ucraina e lo sgomento per i due gesuiti uccisi in Messico

Nei saluti ai fedeli Francesco ha ricordato l'appuntamento che si apre in Vaticano con le famiglie del mondo. Poi il suo pensiero è andato alla tragedia del sisma in Afghanistan con centinaia di vittime, al dolore del popolo ucraino dimenticato e alla tragica uccisione di due confratelli gesuiti in Messico.
“I bambini che erano con me nella papamobile erano ucraini” ha fatto sapere il Papa, che tramite loro ha manifestato ancora una volta la sua vicinanza al popolo ucraino. “Non dimentichiamo l’Ucraina, non perdiamo la memoria della sofferenza di quel popolo martoriato!”, l’appello.

Non sono mancate le parole di "dolore e sgomento per l'uccisione in Messico, l'altro ieri, di due religiosi, fratelli miei gesuiti e di un laico. Quante uccisioni in Messico. Sono vicino con l'affetto e la preghiera alla comunità cattolica colpita da questa tragedia. Ancora una volta ripeto che la violenza non risolve i problemi ma cresce l'inutile sofferenza".

IL VIDEO DELLA CATECHESI

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