![Migranti durante una celebrazione Migranti durante una celebrazione](https://www.avvenire.it/c/2018/PublishingImages/35625138c2d640a4875e2119b236b26c/scalabri.jpg?width=1024)
Migranti durante una celebrazione
"C'è un'ondata di chiusura verso lo straniero e ci sono tante situazioni di entrata di persone, ma poi si sfrutta lo straniero, no? Io sono figlio di migranti e ricordo che nel dopo guerra, quando ero un ragazzino di 10 o 12 anni dove lavorava papà arrivarono i polacchi e furono accolti bene, c'era lavoro e c'era anche bisogno. L'Argentina è un cocktail di ondate migratorie: i migranti hanno costruito il paese, come hanno costruito l'Europa, che non è nata così. È il frutto delle ondate migratorie".
Papa Francesco ha esordito a braccio nel saluto rivolto ai missionari scalabriniani, religiosi dediti alla pastorale dei migranti, ricevuti in Vaticano. E ha poi consegnato loro il testo del suo messaggio, sottolineando che in tema di accoglienza ai migranti "prima di tutto bisogna ascoltare le persone, ascoltare la storia delle comunità; soprattutto le speranze deluse, le attese dei cuori, le prove della fede... Prima di tutto ascoltare, e farlo in atteggiamento di compassione, di vicinanza sincera".
Ha inoltre ricordato il Pontefice che l’evangelizzazione si fa camminando tra la gente: l’icona biblica dei discepoli di Emmaus è stata citata da Francesco per sottolineare l’importanza del compio svolto dagli Scalabriniani (dal fondatore Giovanni Battista Scalabrini) nel contesto attuale di un fenomeno migratorio «molto vasto e complesso». L’occasione è l’udienza ai partecipanti al XV Capitolo generale della Congregazione dei missionari di San Carlo (questo il nome ufficiale dell’Istituto).
L'importanza di ascoltare le persone
![](https://www.avvenire.it/c//2018/PublishingImages/35625138c2d640a4875e2119b236b26c/POpescalb.jpg?width=620)
«Oggi come ieri, aggiunge il Pontefice, la vostra missione si svolge in contesti difficili, a volte caratterizzati da atteggiamenti di sospetto e di pregiudizio, se non addirittura di rifiuto verso la persona straniera. Ciò vi sprona ancora di più a un coraggioso e perseverante entusiasmo apostolico, per portare l’amore di Cristo a quanti, lontani dalla patria e dalla famiglia, rischiano di sentirsi lontani anche da Dio». Ma per riuscire nell’impresa di portare la gioia di Cristo a tutti, occorre attrezzarsi e adottare i comportanti giusti. Innanzitutto «bisogna ascoltare le persone, ascoltare la storia delle comunità; soprattutto le speranze deluse, le attese dei cuori, le prove della fede». Occorre «ascoltare, e farlo in atteggiamento di con-passione, di vicinanza sincera. Quante storie ci sono nei cuori dei migranti! Storie belle e brutte. Il pericolo è che vengano rimosse: quelle brutte, è ovvio; ma anche quelle belle, perché ricordarle fa soffrire. E così il rischio è che il migrante diventi una persona sradicata, senza volto, senza identità. Ma questa è una perdita gravissima, che si può evitare con l’ascolto, camminando accanto alle persone e alle comunità migranti».
Una sana vita comunitaria. No alla mediocrità
![](https://www.avvenire.it/c//2018/PublishingImages/35625138c2d640a4875e2119b236b26c/scalabrini.jpg?width=620)
Al tempo stesso è necessario «dare la Parola e il segno del Pane spezzato. È affascinante – spiega il Papa – far conoscere Gesù attraverso le Scritture a persone di diverse culture; raccontare loro il suo mistero di Amore: incarnazione, passione, morte e risurrezione. Condividere con i migranti lo stupore di una salvezza che è storica, è situata, eppure è universale, è per tutti!». Quindi si deve «invitare alla mensa dell’Eucaristia, dove le parole vengono meno e rimane il segno del Pane spezzato: Sacramento in cui tutto si riassume, in cui il Figlio di Dio offre il suo Corpo e il suo Sangue per la vita di quei viandanti, di quegli uomini e quelle donne che rischiano di perdere la speranza e per non soffrire preferiscono cancellare il passato».
Si tratta di comportamenti, di stili che non possono prescindere dall'attenzione «alla dignità della persona umana, specialmente là dove essa è maggiormente ferita e minacciata». E di cui fanno parte «l’impegno educativo con le nuove generazioni, la catechesi e la pastorale familiare». Ma per riuscirci, per rendere efficace l’annunzio, per evitare il rischio di cadere nel semplice attivismo sociale, conclude il Papa, occorre «rimanere uniti in Cristo come i tralci alla vite» e c’è bisogno «di una sana vita comunitaria, semplice ma non banale, non mediocre». Una comunione nella diversità, «come testimonianza ma prima di tutto come gioia per voi, come ricchezza umana e cristiana, ecclesiale».