Si terrà dal 25 al 27 ottobre a Roma, al Marriott Hotel, il 21° congresso nazionale dell’Aiom, l’Associazione italiana di oncologia medica fondata nel 1973 a Milano e che in oltre 40 anni di attività ha dato un contributo prezioso allo sviluppo di tutti i settori dell’oncologia nel nostro Paese. Ieri mattina il Papa ha ricevuto in udienza i rappresentanti dell’associazione, ringraziandoli per la loro presenza nel mondo sanitario e citando, tra i punti dello statuto dell’Aiom, l’impegno a «favorire i rapporti» e a «stabilire relazioni scientifiche e di collaborazione» all’interno del mondo scientifico e sanitario. «La scelta consapevole, e spesso faticosa, di uno stile che accomuna anziché dividere – ha detto Francesco – è rappresentata, in tutta la vita dell’Aiom, dalla cura della relazione col malato, e oggi è manifestata proprio dalla presenza tra voi di alcuni pazienti.
La scelta di partecipare insieme a questo incontro, stando seduti gli uni accanto agli altri, rappresenta un messaggio forte e un segno eloquente non solo per il mondo della sanità, ma per tutta la società, chiamata a rinnovarsi in uno stile solidale e fraterno». Se il tema del congresso nazionale sarà «Miglior cura per ogni paziente», il Papa ha ricordato che «l’oncologia di precisione, che promuovete, diventa anche un’oncologia della misericordia, perché lo sforzo di personalizzare la cura rivela un’attenzione non solo alla malattia, ma al malato e alle sue caratteristiche, al modo in cui reagisce alle medicine, alle informazioni più dolorose, alla sofferenza». «La tecnologia non è a servizio dell’uomo quando lo riduce a una cosa – ha sottolineato Bergoglio – quando distingue tra chi merita ancora di essere curato e chi invece no, perché è considerato solo un peso, e a volte anzi uno scarto. La pratica dell’eutanasia, divenuta legale già in diversi Stati, solo apparentemente si propone di incentivare la libertà personale; in realtà essa si basa su una visione utilitaristica della persona, la quale diventa inutile o può essere equiparata a un costo, se dal punto di vista medico non ha speranze di miglioramento o non può più evitare il dolore.
Al contrario, l’impegno nell’accompagnare il malato e i suoi cari in tutte le fasi del decorso, tentando di alleviarne le sofferenze mediante la palliazione, oppure offrendo un ambiente familiare negli hospice, sempre più numerosi, contribuisce a creare una cultura e delle prassi più attente al valore di ogni persona.
Non perdetevi mai d’animo per l’incomprensione che potreste incontrare, o davanti alla proposta insistente di strade più radicali e sbrigative. Se si sceglie la morte, i problemi in un certo senso sono risolti; ma quanta amarezza dietro a questo ragionamento, e quale rifiuto della speranza comporta la scelta di rinunciare a tutto e spezzare ogni legame! A volte, noi siamo in una sorta di vaso di Pandora: tutte le cose si sanno, tutto si spiega, tutto si risolve ma ne è rimasta nascosta una sola: la speranza. E dobbiamo andare a cercare questa. Come tradurre la speranza, anzi, come darla nei casi più limite».
Il Papa ha quindi invitato a tenere sempre a mente l’esempio di Gesù: «Ispiri i medici – Lui che in certo modo si è detto vostro collega, come medico mandato dal Padre per guarire l’umanità – a guardare sempre al bene degli altri, a spendersi con generosità, a lottare per un mondo più solidale».