lunedì 12 novembre 2018
Francesco sgli scienziati: vorrei essere presso di voi l’avvocato dei popoli ai quali non arrivano che da lontano e raramente i benefici del vasto sapere umano e delle sue conquiste
Il Papa e i membri della Pontificia Accademia delle Scienze (Ansa)

Il Papa e i membri della Pontificia Accademia delle Scienze (Ansa)

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li scienziati sono chiamati a indagare i segreti della natura, ma hanno anche il dovere di porsi a servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e della società. E, ha detto ieri Francesco, «io vorrei essere presso di voi l’avvocato dei popoli ai quali non arrivano che da lontano e raramente i benefici del vasto sapere umano e delle sue conquiste, specialmente in materia di alimentazione, salute, educazione, connettività, benessere e pace». Il Papa ha rivolto queste parole ai membri della Pontificia Accademia delle scienze, ricevuti ieri in udienza nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico. Si tratta di un consesso di indiscusso prestigio e dalla storia si può dire plurisecolare. Le sue origini risalgono infatti all’Accademia dei Lincei fondata a Roma nel 1603, prima accademia esclusivamente scientifica al mondo e di cui Galileo Galilei entrò a far parte nel 1610. Nel 1847 il beato Pio IX rifondò il tutto come Pontificia Accademia dei nuovi Lincei e nel 1936 Pio XI la ricostituì con il nome che porta ancora oggi.

«Convincere i governanti, armamenti atomici inaccettabili»

Ieri Bergoglio, accogliendo i membri dell’Accademia, ha saluto in particolar modo l’ex presidente – il biologo svizzero Werner Arber, premio nobel per la medicina 1978 – e l’attuale presidente, il tedesco Joachim von Braun, direttore del Centro di ricerca per lo sviluppo dell’Università di Bonn. Nel suo discorso ha ricordato come i rapporti tra scienza e spiritualità trovino oggi un contesto più favorevole rispetto a una passato di esclusivismo scientista. Ovvero, «la bella sicurezza della torre d’avorio dei primi tempi moderni ha lasciato il posto, in molti, a una salutare inquietudine, per cui lo scienziato di oggi si apre più facilmente ai valori religiosi e intravede, al di là delle acquisizioni della scienza, la ricchezza del mondo spirituale dei popoli e la luce della trascendenza divina». Ma il tasto su cui più ha battuto il Pontefice è stato appunto quello del legame tra comunità scientifica e impegno per il bene comune, con due grandi tematiche prese ad esempio: «L’immensa crisi dei cambiamenti climatici in atto e la minaccia nucleare». «Sulla scia dei miei predecessori – ha detto Bergoglio – ribadisco la fondamentale importanza di impegnarsi a favore di un mondo senza armi nucleari», «e chiedo, come fecero san Paolo VI e san Giovanni Paolo II, agli scienziati l’attiva collaborazione al fine di convincere i governanti della inaccettabilità etica di tale armamento a causa dei danni irreparabili che esso causa all’umanità e al pianeta. Pertanto ribadisco altresì la necessità di un disarmo di cui oggi sembra non si parli più a quei tavoli intorno ai quali si prendono le grandi decisioni. Che anch’io possa ringraziare Dio, come fece san Giovanni Paolo II nel suo testamento, perché nel mio pontificato è stata risparmiata al mondo la tragedia immane di una guerra atomica». Da notare che Francesco ha citato il tema del disarmo due volte ieri, lo ha fatto anche nell’udienza concessa in mattinata ad Alain Berset, presidente della Confederazione Elvetica.

«Risposte adeguate per salvaguardia del pianeta»

Per quanto riguarda il clima, il Papa ha quindi sottolineato che «i cambiamenti globali sono sempre più influenzati dalle azioni umane», perciò «sono necessarie anche risposte adeguate per la salvaguardia della salute del pianeta e delle popolazioni, una salute messa a rischio da tutte quelle attività umane che usano combustibile fossile e deforestano il pianeta». «La comunità scientifica – ha aggiunto – così come ha fatto progressi nell’identificare questi rischi, è ora chiamata a prospettare valide soluzioni e a convincere le società e i loro leader a perseguirle».

«Investire per il bene comune i capitali inattivi nei paradisi fiscali»

Infine un’apertura di orizzonte sulle urgenze dell’umanità sofferente: «Molta strada c’è ancora da fare verso uno sviluppo che sia allo stesso tempo integrale e sostenibile. Il superamento della fame e della sete, dell’elevata mortalità e della povertà, specialmente tra gli ottocento milioni di bisognosi ed esclusi della Terra, non verrà raggiunto senza un cambiamento negli stili di vita. Nell’enciclica Laudato si’ ho presentato alcune proposte-chiave per il raggiungimento di questo traguardo. Tuttavia, mi sembra di poter dire che mancano volontà e determinazione politica per arrestare la corsa agli armamenti e porre fine alle guerre, per passare con urgenza alle energie rinnovabili, ai programmi volti ad assicurare l’acqua, il cibo e la salute per tutti, ad investire per il bene comune gli enormi capitali che restano inattivi nei paradisi fiscali». Perché «questo è l’immenso panorama che si dischiude agli uomini e alle donne di scienza quando si affacciano sulle attese dei popoli: attese animate da fiduciosa speranza ma anche da inquietudine e ansietà».

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