Per un’economia più larga e civile
giovedì 21 settembre 2023

È stato reso pubblico il manifesto per la Nuova economia sottoscritto da 164 colleghe e colleghi (consultabile qui: tinyurl.com/nueko) con l’obiettivo di far emergere un significativo consenso tra gli addetti ai lavori per un paradigma economico più “largo” e civile, un paradigma capace di affrontare le temibili sfide dei nostri tempi, sulla linea di quanto discusso e maturato in questi anni in tanti interventi e approfondimenti sulle pagine di “Avvenire”.

Da sempre il compito della ricerca scientifica è quello di superare gli steccati e i limiti di rappresentazioni della realtà che dati ed evidenze empiriche indicano come parziali o contraddette dagli stessi “numeri”, per aprire nuovi orizzonti, costruirne di nuove e progredire quindi nella conoscenza. Per questo non si tratta di un manifesto “contro” qualcuno o qualcosa, ma una proposta che vuole fare il punto su nuove strade per leggere e interpretare la realtà economica. Sono percorsi che si vanno affermando ormai da decenni – sulla frontiera delle ricerche empiriche – ma che fanno fatica a imporsi nella didattica e nella cultura più generale legata all’economia e alla società.

Nel manifesto ci siamo concentrati su cinque capisaldi e direzioni di progresso. La prima è una visione della persona capace di spiegare tutte quelle nostre decisioni e scelte che confutano l’idea che gli esseri umani agiscano unicamente per massimizzare il proprio tornaconto economico e le relative scelte di consumo in modo “miopemente interessato”. Lo chiamiamo “auto-interesse miope” perché esiste un “auto-interesse lungimirante”, una razionalità sociale fatta di dono in grado di generare fiducia e qualità di relazioni e che, allo stesso tempo, rende la vita più soddisfacente e ricca di senso, creando le condizioni per una maggiore fertilità sociale ed economica. Per usare un’immagine esemplificativa, la vita (relazionale, familiare, professionale) è uno sport di squadra: puoi essere il miglior giocatore del mondo, ma se scendi in campo da solo perdi tutte le partite.

La seconda direzione di progresso è quella che apre alla molteplicità e al pluralismo delle forme d’impresa e a una maggiore efficienza della vita sociale. Si può ricorrere anche in questo caso a un’immagine, quella dei “due tempi”: nel primo esistono solo organizzazioni produttive che massimizzano il profitto “non importa come”, ovvero creando effetti esterni negativi non voluti di carattere sociale e ambientale; nel secondo tempo, invece, le istituzioni perfettamente informate, benevolenti e onnipotenti intervengono per imbrigliare i comportamenti delle imprese indirizzando le loro energie entro i confini del bene comune.

Ebbene, questa prospettiva dei “due tempi” non esiste in realtà per diversi motivi. Moltissime organizzazioni produttive, anzitutto, scelgono oggi la via di una maggiore ricchezza di senso, coniugando profitto e impatto. Le istituzioni, poi, non sono sempre benevolenti, perfettamente informate e onnipotenti e se anche lo fossero “i due tempi” (prima si creano danni sociali, poi si riparano), sarebbero molto meno efficienti di organizzazioni socialmente responsabili, che creano valore socialmente ed economicamente sostenibile. Il confronto, ancora una volta, non è tra realtà e mondo dei sogni, perché negare l’esistenza di imprese e organizzazioni sociali con tale visione vuol dire chiudere gli occhi di fronte a ciò che esiste. Una terza e una quarta direzione di progresso s’innestano proprio qui. Istituzioni, leggi, regole virtuose sono varate, funzionano e restano in vigore se esistono cittadini responsabili che partecipano alla cosa pubblica. A ben vedere, dunque, le soluzioni dei problemi non arrivano per magia dall’alto, ma sono funzione del senso civico di una comunità che va alimentato con partecipazione e cittadinanza attiva.

E , nella prospettiva del manifesto, il compito dell’economista è anche quello di partecipare alla vita civica sostenendola attraverso quella che è oggi definita “terza missione” e sta diventando parte integrante dell’attività e della valutazione d’impatto dei colleghi. Una quinta e ultima direzione di progresso è collegata alla definizione degli indicatori di benessere, che non sono una questione tecnica da demandare agli statistici, ma la scelta più importante per la società poiché indicano la direzione di marcia programmata e desiderata.

Ci ricolleghiamo da questo punto di vista alla frontiera della ricerca che indica come il ben-vivere e la soddisfazione e ricchezza di senso di vita dei cittadini non dipendono solo dal Pil, ma da molti altri fattori come la qualità della vita di relazioni, la generatività intesa come impatto delle nostre azioni che contribuisce in modo decisivo alla fioritura della vita umana, e molti altri elementi che emergono dagli studi delle determinanti della soddisfazione di vita e che non sono catturati da un indicatore sintetico come il Prodotto interno lordo. Il motivo fondamentale per il quale abbiamo pensato in tanti che fosse utile e urgente il manifesto è che questa visione avvilente e riduzionista della realtà finisce per plasmare la cultura, rendendo la nostra civiltà e la nostra vita economica, sociale e di lavoro povere di senso. Se l’uomo è un cercatore di senso, prima che un massimizzatore di utilità, è la condanna peggiore che possa capitargli. Per questo è assolutamente urgente – a partire proprio dagli “addetti ai lavori” – superare questi steccati, indicando possibilità e orizzonti che già oggi si traducono nelle scelte concrete di molti.

Ci sono oggi tutti gli ingredienti per saldare questa narrazione più completa dell’economia con le buone pratiche operative che hanno contribuito a formularla. Per diventare polo attrattivo per le scelte della società civile e della politica che costruiranno l’Italia del futuro.

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