venerdì 4 aprile 2025
Ronen Bar, responsabile dello Shin Bet: «Voleva che dicessi ai giudici che non poteva presentarsi al processo per corruzione per motivi di sicurezza». La replica: «Falsità»
Benjamin Netanyahu ieri all’università Ludovika a Budapest

Benjamin Netanyahu ieri all’università Ludovika a Budapest - Reuters

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Ormai il ritorno a una tregua nella Striscia di Gaza, rotta unilateralmente da Israele il 18 marzo, non è nemmeno un miraggio. Dopo aver ripreso i raid che, un poco più di due settimane hanno causato secondo Hamas quasi 1.200 vittime, l’esercito israeliano ha annunciato ieri «nuove attività di terra» nella Striscia per «espandere la zona di sicurezza». Le truppe israeliane, afferma un comunicato, sinora hanno «eliminato numerosi terroristi», «smantellato le infrastrutture terroristiche di Hamas», mentre «stanno consentendo l’evacuazione dei civili» con percorsi che ne garantiscono la sicurezza. Le operazioni sono in corso a Shejaia, sobborgo a Est di Gaza: le immagini mostrano intere famiglie in fuga su carretti e furgoni con i loro pochi averi. Il prossimo obiettivo, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbe la creazione di un nuovo corridoio terrestre per bloccare ogni comunicazione tra Khan Yunis e Rafah, la città al confine con l’Egitto a cui è già stato dato ordine di evacuare. Secondo l'Onu, da quando la guerra è ripresa il 18 marzo, 280mila residenti tornati nelle loro zone durante il cessate il fuoco sono stati nuovamente sfollati con il 65% del territorio dell'enclave soggetto a divieto di accesso e restrizioni.

Di fatto, nell’impotenza e silenzio della diplomazia internazionale, a Gaza si continua a combattere e a morire. Secondo Hamas sono 112 le vittime nella Striscia nelle ultime 24 ore. In un altro raid, riferiscono i media palestinesi, è stato ucciso Muhammad Hassan Awad, comandante dell’organizzazione al-Mujahideen accusato di aver assassinato Shiri, Ariel e Kfir Bibas mentre erano in ostaggio nella Striscia.

Sempre ieri Medici Senza Frontiere si è detta «sconvolta e rattristata» per l’uccisione di un suo dipendente in un attacco aereo: è il secondo in due settimane, l’undicesimo dall’inizio del conflitto. Hussam Al Loulou, guardiano di una struttura, è morto durante un «orribile attacco» lo scorso primo aprile a Deir al-Balah nel centro di Gaza, insieme alla moglie e alla figlia di 28 anni. Mentre l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Turk, in Consiglio di Sicurezza, ha indicato come possibile «crimine di guerra» l’attacco del 23 marzo contro alcune ambulanze che ha causato la morte di 15 tra medici e operatori sanitari, in Cisgiordania i soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro un gruppo di palestinesi che lanciava pietre vicino al villaggio di Husan: nell’episodio, secondo i palestinesi, il 17enne Yusuf Bakr Zaoul è rimasto ucciso, un altro ferito.

Infine, all’interno di Israele, non si placa la bufera giudiziaria e politica contro il premier Benjamin Netanyahu, ieri ancora in Ungheria e che presto, ha fatto sapere Donald Trump, sarà di nuovo in visita negli Usa probabilmente per discutere di dazi. Ronen Bar, il capo dello Shin Bet, con una lettera ha riferito all’Alta Corte di Giustizia di aver respinto le pressioni di Netanyahu che voleva che informasse i giudici che il premier non poteva presentarsi in aula nel suo processo per corruzione per motivi di sicurezza. Secondo Bar, il suo rifiuto ha portato Netanyahu a denunciare una «mancanza di fiducia» nei suoi confronti, motivazione che poi ha portato a fine marzo il governo a votare all’unanimità il suo licenziamento, poi sospeso dalla stessa Alta Corte. Bar afferma di aver rispettato «l’indipendenza professionale» come requisito del suo lavoro, rifiutando invece di agire per lealtà personale nei confronti del primo ministro. Secondo quanto scrive Bar, la decisione sulla sua cacciata «va ben oltre la questione personale» perché è in gioco «la capacità dei prossimi capi dello Shin Bet di guidare l’organizzazione e di realizzare la sua missione, secondo i principi stabiliti dalla legge».

Una rimozione per «interessi personali» per il procuratore generale israeliano Gavi Baharav-Miara. Quella di Bar è una lettera «piena di bugie», la replica dell’ufficio di Netanyahu: «L’unico che agisce per motivi personali è il capo del Shin Bet, che si aggrappa al suo incarico».

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