mercoledì 19 settembre 2012
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​Sembra quasi non esserci limite alla capacità autolesionista della nostra classe politica, alle prese da anni con una crisi di credibilità dalla quale non riesce a venire fuori. Già negli ultimi giorni il "caso Lazio" aveva dato un ulteriore serio scossone all’establishment, proiettatosi ben al di là dell’area geografica che circonda gli uffici regionali della Pisana: una vicenda che sarebbe molto pericoloso considerare chiusa, dopo i tagli imposti dalla presidente della Regione ai gruppi consiliari e con la pur meritoria riduzione di eletti ed assessori varata ieri dalla giunta.Ma ecco che una nuova polemica rischia di alimentare la sfiducia e il malumore dei cittadini nei confronti dei partiti: il rifiuto dei principali gruppi parlamentari di accettare la certificazione esterna dei bilanci, proposta dai vertici di Montecitorio. Nonostante le buone ragioni adducibili da chi rivendica l’autonomia della massima istituzione rappresentativa, non sembra che ci si sia resi conto dell’impatto che questa decisione avrà ancora una volta sull’opinione pubblica. A torto o a ragione, la questione verrà inquadrata come una nuova prova di indisponibilità della "casta" ai controlli e a quel surplus di trasparenza, reso indispensabile proprio dal succedersi di scandali e di inchieste a livello centrale e periferico.Sconcerta e lascia quasi increduli, insomma, l’incapacità di tanta parte del ceto dirigente di percepire che gli argini all’onda dell’antipolitica sono sempre più malmessi. E che il loro rafforzamento è possibile solo a condizione di accettare una dose supplementare di sacrifici sul terreno dei privilegi, delle prebende e della complessiva estensione del loro ambito operativo. Per fare solo un esempio: quando nella prossima primavera andremo alle urne, la gente non potrà non accorgersi che, dopo le infinite promesse di ridurre il numero degli eletti, dopo i continui tira e molla nelle aule e nelle commissioni, tra rilanci e "finte" accelerazioni puntualmente arenatisi, ci troveremo ad eleggere ancora una volta 945 tra deputati e senatori. E in teoria può avere ragione chi giudica relativo il risparmio economico derivante dalla riduzione del 20 o del 30 per cento dei parlamentari. Ma vista l’aria che tira, è il segnale che bisognava sforzarsi di dare. E non lo si è dato.Lasciando lo scenario nazionale e tornando alla vicenda scoppiata con l’indagine per arricchimento personale a carico del capogruppo laziale del Pdl Franco Fiorito, essa dimostra poi che è inutile sperare di farla franca, confidando magari nella distrazione o nell’assuefazione della gente a certe pratiche. Il clima di insofferenza popolare, e il conseguente alto livello di vigilanza e di attenzione della stessa magistratura, confermano che presto o tardi il marcio viene fuori. Con la conseguenza di stroncare non solo le ambizioni personali dei malversatori di turno, ma di erodere ulteriormente la residua credibilità di chi – leader locali o nazionali – li ha voluti o anche solo lasciati nei ruoli che tanto immeritatamente occupano.È forte infine il timore che si stia sottovalutando l’impatto "culturale", che il ripetersi e il moltiplicarsi sul territorio delle "male pratiche" può alla lunga infliggere allo stesso impianto istituzionale del nostro Paese. I padri fondatori della Repubblica hanno tracciato nella Costituzione un chiaro disegno autonomista e di democrazia diffusa, con l’intenzione di avvicinare quanto più possibile governanti e governati. Lo stillicidio interminabile e arrogante di ruberie e di sprechi, che si ripetono da un capo all’altro della Penisola, può intaccare in modo irrimediabile il modo di pensare comune, seminando sentimenti neocentralisti che facilmente finirebbero poi per sacrificare l’interesse delle comunità locali.È insomma l’ora di svegliarsi davvero dal torpore, come pare aver colto il governo, che sta meditando interventi "tecnici" di supplenza per avviare una calibrata riduzione dei "costi" dei partiti. Per non rischiare il definitivo "suicidio morale", i destinatari facciano di tutto per anticipare queste possibili mosse. E lo facciano con scelte politiche sobrie, lineari e a tutti ben comprensibili.
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