Egregio Direttore,da Pordenone, da tante piazze italiane, dal Nord al Sud, il sindacato oggi farà sentire la sua voce per ribadire che una vera Europa unita e democratica si costruisce con il lavoro, lo sviluppo e la solidarietà. Abbiamo scelto il Friuli, in questo Primo Maggio, come "simbolo" della grave crisi occupazionale che si registra su tutto il territorio nazionale, a partire dalla vertenza all’Electrolux, per sollecitare l’urgenza di interventi di sostegno per i lavoratori che rischiano il licenziamento ed evitare che le aziende delocalizzino all’estero le loro produzioni.«Aprite gli occhi e non rimanete con le mani incrociate», è stato l’appello di Papa Francesco qualche giorno fa, spronando la classe dirigente a battersi con «generosità e creatività» contro la disoccupazione. Dalla crisi si può uscire, ma occorre l’impegno di tutte le istituzioni, nazionali e locali, e la capacità delle parti sociali di fare accordi innovativi per riorganizzare meglio il sistema produttivo. Abbiamo salutato positivamente l’arrivo del nuovo Governo Renzi e la sua determinazione ad affrontare i ritardi storici del nostro Paese. Ora aspettiamo i fatti concreti. La decisione di ridurre le tasse ai lavoratori e alle famiglie più bisognose va nella direzione auspicata dal sindacato, anche se questa misura deve diventare strutturale e includere i pensionati e gli incapienti. Questa è la strada per dare ossigeno all’economia italiana. Ma la nuova occupazione verrà solo da una buona economia e dalla capacità di favorire gli investimenti. Bisogna sbloccare con un decreto tutti quei progetti di opere pubbliche fermi da anni per i veti incrociati degli enti locali, delle
lobbies e financo spesso, della magistratura. Parliamo di energia pulita, trasporti, strade, inceneritori, opere di bonifica del territorio. Ecco perché le Regioni e gli enti locali devono fare di più per aiutare le aziende in crisi, dimezzando le tasse e i costi dell’energia, facendo funzionare meglio i servizi e la pubblica amministrazione. Invece, è ancora tutto fermo. Immobile. Il Paese ha bisogno di una "frustata", di ridurre davvero gli sprechi e la spesa pubblica improduttiva. Non c’è un prima e un dopo. Lavoro, tasse più basse e riforme istituzionali devono arrivare insieme. Ci sono questioni aperte come il finanziamento degli ammortizzatori in deroga, la detassazione del salario di produttività, una soluzione definitiva per gli esodati. C’è necessità di una più incisiva lotta all’evasione fiscale, e una riforma della tassazione regionale e locale, oggi completamente fuori controllo. E poi c’è il grande tema del lavoro per i giovani. Anche qui, gli slogan non servono a niente. Per ridurre la precarietà, la Cisl propone, da più dieci anni, di obbligare, per legge, tutti i committenti a pagare gli stessi contributi dei lavoratori dipendenti a chi opera con la partita Iva o con un contratto di collaborazione. Chi è iscritto alla gestione separata dell’Inps deve avere le stesse tutele previdenziali e assistenziali di tutti gli altri lavoratori. In secondo luogo, occorre lasciare alle parti sociali il compito di fissare un salario contrattuale medio per tutti i lavoratori atipici, una soglia oltre la quale non si può scendere, a parità di prestazioni degli altri lavoratori. Questo è il contratto "unico" che servirebbe ai precari, l’unica strada per far emergere i nuovi schiavi del lavoro. È inutile creare per legge salari minimi o nuove forme di inserimento che rischiano di fare confusione. Questi impegni ci aspettiamo dal Governo Renzi e da tutte le forze politiche: affrontino i veri temi caldi (energia, tasse, credito, infrastrutture) invece di cambiare ogni due anni le regole del lavoro. Un Paese complesso come l’Italia non si governa a colpi di "tweet" o con la politica degli annunci. Bisogna favorire la coesione sociale, dialogando con i corpi intermedi sulle cose da cambiare, in modo che ciascuno faccia la propria parte, responsabilmente. Ecco perché oggi da Pordenone, da una regione di frontiera e straordinariamente operosa come il Friuli, in occasione di questo Primo Maggio, il sindacato unitariamente rivolge il suo appello alla classe dirigente italiana affinché trovi la forza per imprimere quella svolta profonda nella direzione generale della buona economia che da tempo reclamano le forze sociali e l’interesse generale del nostro Paese.