Forse ci eravamo illusi. Forse non avevamo compreso fino in fondo la gravità della situazione. O forse avevamo semplicemente creduto che un governo di tecnici, di persone competenti e per bene non inclini ai vecchi vizi della politica, potesse bastare di per sé a portarci fuori dai guai. Diciamo la verità: ci hanno evitato guai peggiori, i ministri tecnici, ma non hanno la bacchetta magica e non riescono a evitarcene di assai gravi.Sì, avevamo sperato che questa crisi internazionale – finanziaria prima, poi economica, infine divenuta dei debiti sovrani e domani chissà... – fosse qualcosa di passeggero. Almeno di limitabile. E invece non ne vediamo la fine. Avevamo sperato che ci fosse una prospettiva: oltre il carovita, oltre le imprese che chiudono e i lavoratori in cassa integrazione, oltre i ragazzi che si laureano e restano a casa o partono per l’estero. Una prospettiva per la quale accettare di buon grado i sacrifici dell’oggi. Che diventano insopportabili se il futuro fa paura e se a crescere è solo l’incertezza, se l’impressione è quella di un sommovimento così profondo degli assetti economici da non lasciare davvero "niente più come prima". Ma analisi e previsioni non fanno che oscurare e aggravare un quadro già fosco.Il Fondo monetario internazionale ha gelato le attese: «Il 2012 sarà ancora negativo per l’Italia, che pure sta conducendo bene le politiche di risanamento». Ma soprattutto, ha vaticinato, non saremo in grado di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 come promesso all’Unione Europea. L’impegno, che giusto ieri abbiamo scritto nella nostra Costituzione e il governo ha prudentemente posposto al 2014, per il Fmi sarà onorato solo nel 2017. Forse. Dopo un altro lustro di rigore e fisco vorace.Ma non si uccidono così anche i contribuenti? Con il continuo aumento delle imposte, lo sfinimento delle accise sulla benzina, lo stillicidio di notizie sulla rivalutazione delle rendite catastali. E le maggiorazioni e le tre-forse-due-no-tre rate dell’Imu (e ancora non si sa quanto si dovrà pagare). Non si uccidono così anche i contribuenti, se non si dà loro la benedetta speranza che un giorno tutto questo, non diciamo finirà, ma almeno si attenuerà? Che questa pressione fortissima (anche psicologica) comincerà a calare? Lentamente, d’accordo, con tutta la prudenza necessaria. Ma con priorità definite, con impegni precisi e cadenzati. Scolpendo finalmente i nuovi comandamenti dell’equità: meno tasse a carico dei lavoratori e più sulle rendite, meno sull’attività d’impresa e più sulle transazioni finanziarie. Premi agli onesti e sanzioni agli evasori. E, sopra a tutto, un’imposizione finalmente rapportata ai reali carichi di famiglia. Se questi obiettivi non li inseriamo – ora, subito – nella delega fiscale, se la crescita non la "iscriviamo" a bilancio come impegno nel Def in discussione al Consiglio dei ministri, quando mai li otterremo?Oggi non ci si può limitare a dire che la pressione fiscale «non aumenterà». Confessare che dalla revisione della spesa arriverà solo il necessario a frenarne la crescita. Cancellare il fondo per la riduzione delle imposte senza valutare l’impatto sui cittadini di una simile decisione. Non si può continuare a rimandare il varo di misure – concrete – di stimolo alla crescita. Il realismo – dire la verità, per quanto amara – è indice di serietà. E chi è oggi al governo di serietà ne ha da vendere. La situazione è grave, d’accordo, non ci illudiamo più. Attenzione, però, perché il realismo può uccidere se non è accompagnato da un orizzonte di speranza. Non di illusioni, come quelle troppo spesso vendute in passato e fatturate a carico delle prossime generazioni. Ma di quella speranza che può aprirsi in virtù di un ottimismo della volontà. Che si nutre di un progetto e di un impegno condiviso.Avevamo sperato, abbiamo scritto. E ancora vogliamo sperare in un cambiamento che ci porti fuori da un quadro economico e sociale opprimente, dalla logica dell’emergenza infinita. Tratteggiamo il Paese che dobbiamo e possiamo essere. Il governo dei tecnici e le forze politiche che lo sostengono diano una direzione di marcia sensata, e la diano adesso. Le energie si metteranno in moto.
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