Caro direttore,
per una volta la ragione sta tutta da una parte. Non ho dubbi su chi scegliere tra i due campi di coloro che si esprimono sul destino del povero bambino britannico (preferisco tacerne il nome, per rispetto) di cui ora parlano tanto politici e media italiani.
Dalla parte della ragione ci sono quelli che pensano con onestà e tormento che, se capitasse a loro di essere genitore, o medico o giudice in un caso del genere, sceglierebbero di prolungare con ogni mezzo tecnico, anche di poco, quella vita dolorosa, e insieme a loro ci sono quelli che deciderebbero invece di lasciarla spegnere, perché tra la enorme sofferenza fisica del bambino e la loro sofferenza morale, preferirebbero accollarsi la seconda, pur di lasciar scomparire la prima.
Dalla parte del torto, invece, ci sono coloro per i quali il tormento di quella decisione in un Paese lontano, su una persona che non conoscono, è una manna per cercare simpatie politiche e voti, o per vendere più giornali, incassare share televisivi, o click lucrosi in siti zeppi di pubblicità. L’uso commerciale della televisione, e oggi ancor peggio quello di internet, si basa sullo stimolare l’attenzione con ogni mezzo, rivolgendosi alla pancia del 'target', riducendo le questioni più complesse al tifo per il sì o il no, al like e not-like, a domande chiave rese a trabocchetto (scegli la vita o la morte? il bene o il male?) e alla denuncia sbrigativa di qualche colpevole, non importa chi.
Non mancano articoli ponderati, che aiutano a capire senza giudicare, oppure che prendono posizione ma con comprensione e rispetto per chi prende una posizione diversa. «Siamo in una zona grigia in cui non esiste un’unica verità, e qualsiasi scelta peserà sulla nostra coscienza. Possiamo solo optare per quella che crediamo peserà di meno», ha scritto Massimo Villone su 'il manifesto' del primo di luglio. Le pubblicazioni più ponderate e informative però portano meno voti alle elezioni a coloro che mirano alla pancia, e generano meno click alle pubblicità in internet.
Più efficaci invece sono le pubblicazioni che affermano coraggiosamente di scegliere la vita contro la morte, denunciano «un omicidio con la Ue complice», che condannano l’assenza di anima o di cuore. Come nella pubblicità e nelle canzonette, anche in internet il richiamo all'anima e al cuore funziona sempre.
Ultimamente rende molto anche prendersela con «l’Europa» spesso ignorando o confondendo le grandi differenze tra le quattro istituzioni europee che riuniscono 19 (Eurozona), 28 (Ue), 47 (Consiglio d’Europa) o 57 (Osce) Stati... Anche sulla pelle di un bambino moribondo conviene quindi prendersela con «l’Europa» e con «i banchieri dell’Unione Europea». Pazienza se la Ue non c’entra niente. Non è stata infatti la Corte di giustizia della Ue, con sede in Lussemburgo, a esprimersi sulla correttezza procedurale (non sul merito) della decisione dei giudici britannici (e, prima, dei medici) di sospendere le terapie al bambino. È stata invece la Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, una istituzione del Consiglio d’Europa di cui fanno parte 47 Stati – tra i quali la Russia, l’Ucraina e la Turchia – e che con la Ue non c’entra niente. Ma tanto, chi va a controllare?
Il destino di persone malate e disperate non dovrebbe essere risucchiato nel tritacarne della pubblicità in internet (esca da click) e di quella elettorale. Ma visto che alcuni politici lo fanno, il loro comportamento va considerato anche sul piano strettamente politico. Le accuse alla Ue di essere ora complice dell’omicidio di un bambino malato e di non intervenire (ma come?) sui medici e i giudici del Regno Unito provengono proprio da politici che denunciano continuamente l’ingerenza della Ue negli Stati che ne fanno parte. Le parti politiche che ora invocano l’intervento della Ue nella giustizia britannica, sono le stesse che hanno salutato la vittoria del referendum sulla Brexit come un trionfo nazionale contro l’ingerenza della Ue.
Val la pena inoltre di riflettere sul comportamento di certi politici di fronte a diversi bambini in pericolo di vita. Migliaia di giovanissime vite sono state o saranno salvate tra la Libia e la Sicilia dalle Ong alle quali questi politici vorrebbero 'staccare la spina'. Se per migliaia di bambini africani destinanti alla morte e facilmente salvabili costoro spendessero almeno una delle tante lacrime che versano su un povero bambino britannico, chi pensa che tutti i politici siano 'senz’anima' potrebbe cominciare a ricredersi.
Hai argomenti forti, caro Marco, e non poche ragioni. Ma a una politica distratta, taciturna e complice di mortali silenzi preferisco cento volte quest’altra, che comunque trova voce, si compromette e 'si prende il rischio'. Anche di ricevere sferzate acute come la tua. La cosa non ti stupirà, sai bene che col nostro tono e con passione umana e cristiana abbiamo lavorato perché gli occhi si aprissero e le bocche non restassero chiuse davanti alla vicenda del piccolo Charlie Gard e dei suoi genitori, agli interrogativi che suscita, alle risposte che impone, alle ferite che tiene aperte nelle coscienze. (mt)