Un anno in meno alle superiori: le ragioni per puntarci li studenti italiani finiscono la scuola superiore a 19 anni e concludono gli studi accademici almeno due anni dopo i loro coetanei europei, americani, australiani ed asiatici. Questa situazione non favorisce sicuramente i nostri giovani nel confronto internazionale ed è per questo che da una ventina d’anni si fanno ipotesi per anticipare a 18 anni la maturità. Ora, dopo che a luglio è arrivata al Consiglio superiore dell’Istruzione la richiesta di parere per «un piano nazionale di innovazione ordinamentale per la sperimentazione di percorsi quadriennali di istruzione secondaria di secondo grado», è ripartita la discussione su questo tema e penso valga la pena ricordare le diverse ipotesi e provare a dare un giudizio. Il ministro Berlinguer alla fine degli anni 90 del secolo scorso fece approvare una legge di riforma che accorpando in un unico ciclo scolastico di 7 anni elementari e medie anticipava di un anno l’iscrizione alle scuole superiori e la loro conclusione. La norma venne abrogata dal ministro Moratti, che propose di portare a quattro anni le scuole superiori, ma venne bloccata subito da una parte della sua stessa maggioranza. Con il ministro Profumo venne insediata una commissione di studio per analizzare il problema, il ministro Carrozza decise di autorizzare una decina di istituzioni scolastiche a realizzare una sperimentazione per abbreviare a quattro anni le scuole superiori e adesso, come detto, c’è una nuova proposta che potrebbe coinvolgere in via sperimentale 60 istituzioni scolastiche già dal prossimo anno. Come persona di scuola e come mamma ritengo sia importante che i nostri ragazzi finiscano gli studi superiori a 18 anni. Non ho lo spazio per entrare in merito all’ipotesi di farlo riducendo di un anno il primo ciclo e mi soffermo solo sulla proposta di ridurre a quattro anni la scuola superiore. In Italia i ragazzi non escono preparati in modo adeguato dalle scuole medie, non sono aiutati a scegliere in modo consapevole l’indirizzo di studio e spesso trovano delle scuole superiori incapaci di accoglierli, di motivarli e di metterli al lavoro. I dati lo dimostrano: uno studente su quattro nel corso del primo biennio viene bocciato o è costretto a cambiare corso di studi e il 15% abbandona la scuola senza conseguire un diploma o una qualifica professionale. Guardando che cosa accade dopo il diploma, la situazione è ugualmente assai poco incoraggiante, perché il 14% degli studenti che si si iscrive all’università abbandona nel corso del primo anno e sono tanti i ragazzi che dopo le superiori non proseguono gli studi e non riescono a inserirsi nel mondo del lavoro. Si potrebbe dire che, visti questi risultati, accorciare di un anno la scuola superiore potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione. Ma sono convinta che questa affermazione non tenga conto di una dato fondamentale: tutto il tempo prezioso che si spreca nelle 13mila ore di scuola che i ragazzi fanno dalla prima elementare alla quinta superiore! Non parlo solo del tempo perso per incompetenza, ma anche di quello che va a rotoli per una proposta poco efficace e significativa. Il ruolo centrale in questo cambiamento lo hanno sicuramente gli insegnanti e i dirigenti, ma non bastano la famiglia e neppure la scuola. Solo due esempi: per costruire dei percorsi di alternanza scuola-lavoro significativi, capaci di cambiare il paradigma di insegnamento degli istituti tecnici e professionali occorre un investimento importante da parte del mondo del lavoro. Per rendere più consapevoli le scelte universitarie dei nostri studenti e ridurre gli abbandoni occorre un investimento importante da parte dei nostri Atenei sulla didattica, sulle azioni di orientamento, sulla formazione dei docenti delle scuole. In estrema sintesi: se i nostri studenti svolgessero un percorso efficace di apprendimento e di orientamento nel corso del primo ciclo e se le scuole superiori facessero un percorso adeguato in un raccordo stretto con l’università e il mondo del lavoro, i nostri studenti potrebbero acquisire gli strumenti per proseguire gli studi universitari ed affacciarsi al mondo del lavoro in quattro anni, come tutti i loro coetanei nel mondo.
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