martedì 27 novembre 2018
L’Organizzazione Mondiale della Sanità registra un aumento continuo delle patologie legate a stili di vita e consumi alimentari non corretti
Africa, le malattie non trasmissibili una nuova povertà
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Quando eravamo poveri, i nostri nemici mortali erano virus e batteri. Polmoniti, meningiti dissenterie, si prendevano la vita di gran parte dei bambini sotto i cinque anni, ma poiché colpivano anche in età adulta l’aspettativa di vita non andava oltre i 40 anni. Poi arrivarono vaccini, antibiotici e antivirali, ma soprattutto una migliore alimentazione, una maggiore igiene e case più salubri, e virus e batteri hanno quasi smesso di uccidere. In Europa le morti per malattie infettive non arrivano al 5% dei decessi, mentre a livello mondiale non oltrepassano il 15%. Non così in Africa dove il 42% delle morti è ancora dovuto alle infezioni, prime fra tutte quelle dell’apparato respiratorio e a seguire dissenterie, Aids e malaria. Ma anche in Africa si nota una certa inversione di tendenza, perché un altro gruppo di malattie sta avanzando al galoppo. Stiamo parlando delle malattie così dette non trasmissibili: tumori, infarti, diabete, insufficienze respiratorie, dovute non ad agenti patogeni, ma ad abitudini nocive e a condizioni ambientali avverse. A livello mondiale le malattie non trasmissibili sono responsabili del 70% dei decessi, in Europa addirittura dell’89%. Quanto all’Africa, attualmente si collocano al 33%, ma ci attende che nel 2030 diventino la prima causa di morte oltrepassando il 50% dei decessi. Del resto in Nord Africa, la loro incidenza è già al 75%. Sono tutti dai dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Già oggi quasi metà della popolazione africana soffre di ipertensione arteriosa, fattore predisponente a infarti, ictus cerebrali e altre malattie sistemiche. E l’aumento delle malattie non trasmissibili rischia di mettere in ginocchio un sistema sanitario già molto fragile costringendo il continente a sottrarre risorse importanti ad altre iniziative di sviluppo. Per questo c’è un forte impegno per approfondirne le cause e cercare di eliminarle. Gli studiosi hanno individuato cinque grandi fattori di rischio: il tabacco, l’alcool, gli errori alimentari, la sedentarietà, l’inquinamento ambientale.

A livello mondiale il fumo uccide 6 milioni di persone, nel 2030 le vittime potrebbero essere 8 milioni. In Africa ci sono oltre 40 milioni di fumatori e il loro numero è destinato a salire per la pressione esercitata dalle multinazionali del tabacco che cercano di reperire nel Sud del mondo i fumatori che perdono nel Nord. Un servizio pubblicato dal 'Guardian' nel luglio 2017, riporta le iniziative legali e di lobby assunte da Bat (British American Tobacco) per dissuadere i Governi africani dall’adottare misure contro il consumo di sigarette. I giovani sono le vittime privilegiate della mancanza di protezione: in Africa un adolescente su 10 fuma predisponendosi all’insorgere precoce di malattie respiratorie e cardiache. E come se non bastasse i giovani subiscono l’attacco di un’altra industria, quella dell’alcool, che cerca di sedurli attraverso le più sofisticate tecniche pubblicitarie che eleva l’alcool a simbolo di eroismo, coraggio, virilità.

Al di là dei danni fisici provocati dal consumo cronico e prolungato, nei giovani l’alcool è spesso concausa di incidenti stradali, risse, infezioni a trasmissione sessuale, gravidanze involontarie, atteggiamenti autolesionisti fino al suicidio. Quello che non ci si si aspetterebbe, in un continente dove il 22% della popolazione non mangia a sufficienza, è di trovare come fattore di rischio anche un’alimentazione distorta tipica di chi abita nelle città. Ma non va dimenticato che l’Africa è il continente con il tasso di urbanizzazione più alto del mondo. Con il 43% della popolazione già oggi stipata nelle città, ci si attende che nel 2045 il livello di urbanizzazione sarà al 54% dal momento che le città africane crescono al ritmo di 24 milioni di abitanti all’anno contro gli 11 dell’India e i 9 della Cina. In conclusione milioni di africani assumono la classica dieta povera di frutta e verdura e ricca di sali, zuccheri e grassi, tipica dei cibi industriali somministrati nei fast food o acquistati nei supermercati. Esattamente come fanno milioni di loro confratelli nel Nord del mondo che manifestano la loro povertà di soldi e di istruzione, non attraverso la magrezza, bensì con l’obesità.

L’urbanizzazione è anche causa di vita sedentaria, a dispetto della vita eccessivamente faticosa che invece si è costretti ad affrontare nelle campagne, dove la mancanza di trasporti costringe a percorrere ogni giorno molti chilometri a piedi. L’azione combinata di una dieta squilibrata e la mancanza di esercizio fisico sono un grave rischio per milioni di urbanizzati di fascia medio-bassa esposti a malattie come diabete, ipertensione, arteriosclerosi con tutte le complicazioni che comportano.

E per finire ci sono i rischi legati all’inquinamento ambientale, che pone una grande sfida al mondo intero. In Africa nel 2015 i decessi dovuti a polveri e veleni dispersi nell’aria e nell’acqua sono stati 600mila. A livello mondiale sono stati 9 milioni, tre volte di più dei morti per Aids, tubercolosi e malaria messi assieme, addirittura 15 volte di più di tutte le vittime di guerra e altre forme di violenza. L’inquinamento uccide principalmente i poveri e i deboli. Quasi il 92% di tutte le morti da inquinamento avvengono in Paesi a reddito mediobasso, i bambini sono la categoria più a rischio.

A livello globale il 93% dei bambini vive in ambienti con un livello di inquinamento superiore a quello ammesso dall’Oms. Un quarto di tutti i bambini morti prima dei cinque anni è per cause ambientali. In Africa l’aria contaminata si respira non solo per strada, ma anche nelle case. Per strada si respirano gli inquinanti che escono dai tubi di scappamento delle auto, dalle ciminiere delle fabbriche e delle centrali elettriche alimentate a nafta o a carbone. In casa si respirano gli inquinanti che escono dalle stufe a legna, a carbone o a cherosene. Spesso senza camino, i loro fumi saturano l’aria dell’unica stanza in cui si cucina, si mangia e si dorme. Si calcola che in Africa l’83% della popolazione sia afflitta da questo problema senza distinzione fra chi vive in città e in campagna. Il 41% a livello mondiale. La lotta alle malattie non trasmissibili fa parte degli obiettivi di sviluppo definiti dalle Nazioni Unite per il 2030 ed è una sfida che può essere vinta più che con i soldi con regole e formazione.

Tutti le organizzazioni che si occupano di sanità convergono su quattro misure-chiave. La prima: restrizioni pubblicitarie e aumento di tasse su tabacchi e alcolici. La seconda leggi più severe per limitare l’inquinamento da parte delle imprese. La terza più educazione sanitaria e alimentare nelle scuole e fra gli adulti. La quarta più investimenti pubblici per un cambio energetico e per aiutare le fasce più povere a migliorare le proprie abitazioni con particolare riguardo ai sistemi di cucina.

Se il Nord del mondo fosse meno accecato dal proprio egoismo, potrebbe sostenere agevolmente i costi di questi miglioramenti, con beneficio per la sua stessa occupazione, perché un Sud impegnato nel miglioramento economico e sociale è un Sud che compra più beni d’investimento. Se non l’attiveremo noi questo flusso di cooperazione lo farà comunque la Cina. E nessuno da questa parte del mondo si lamenti se, sempre di più si rifugiano fra le braccia dei signori di Pechino.

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