Non è un assassino, l’uomo che a Las Vegas ha fatto 59 morti e mezzo migliaio di feriti, ma uno stragista. Tra chi spara a una persona e chi spara su una folla la differenza è enorme: "a una persona" spari in orizzontale, un colpo singolo, stando alla sua stessa altezza, "su una folla" spari in verticale, standole al di sopra, a raffica. E qui lo stragista voleva agire dall’alto. È andato in perlustrazione all’albergo con giorni di anticipo, ha chiesto una stanza al trentaduesimo piano, voleva vedere la folla formicolare ai suoi piedi. Chi sta dritto, è il padrone. Chi gli sta ai piedi, è un servo e un supplice. Priamo si butta ai piedi di Achille, quando va nella sua tenda a implorare il corpo di Ettore. Achille piange e glielo dà. Qui lo stragista dei 59 morti e 500 feriti ha sentito le urla e i pianti delle migliaia di possibili vittime e più le sentiva più sparava.
È andato avanti per quattro interi minuti. Si dice: "Sparava a caso". Ma non è vero, non è mai vero. Per istinto, per natura, per cultura, per scelta, se tu hai un’arma automatica in mano e il bersaglio di una folla di fronte a te, o sotto di te, spari dove la folla è più fitta, dove i tuoi colpi fanno più vittime: in linguaggio militare si dice "dove la tua azione è più proficua". "Proficuo" indica un guadagno: un investimento è proficuo. E qui, più ammazzi, più guadagni. È il rovesciamento dei valori basati sul "non uccidere". Questo rovesciamento, dal "non uccidere" all’"uccidi più che puoi", non lo fai in un giorno. Lo fai in una vita. Questo stragista ha ucciso 59 persone e ferite 500 in pochi minuti, però ha preparato a lungo l’impresa, comprando la prima arma, e poi la seconda, e poi la terza, e così via con tutte le armi che s’è procurato, in una insaziabile bramosia di morte, e poi le ha trasformate da armi semiautomatiche in automatiche, per sparare a raffica. L’arma semiautomatica spara a colpi singoli, per ogni colpo devi premere il grilletto. L’arma automatica spara in continuazione, fino allo svuotamento del caricatore, che di solito contiene 30 colpi, raramente 40.
Per sparare sul nemico bisogna odiarlo. L’addestramento militare insegna a odiare il nemico. Tu devi sparargli "con gioia". È il lavoro del sergente maggiore Hartman in "Full Metal Jacket". Questo stragista di Las Vegas spara con gioia su una folla in cui non conosce nessuno, perché odia tutti. Odia l’umanità. Odia Dio. È lui Dio. Ne ha preso il posto. Si sente padrone della vita e della morte. Questo delirio di onnipotenza lo inebria. Sui giornali di tutto il mondo la strage viene corredata di foto, nelle foto si vede gente che scappa a tutta velocità, ragazzi, ragazze, curvi, tutti terrorizzati dal Moloch a cui stanno per essere sacrificati, il Moloch li guarda dall’alto e diventa sempre più Moloch, è in delirio di onnipotenza e la visione della propria potenza lo manda sempre più in delirio. In "Cuore di tenebra" e cioè in "Apocalypse now" il colonnello Kurtz si fa adorare come un dio, e non si fermerà mai dal mozzare teste. È la gioia di uccidere chi non conosci. In "Elephant", lo stragista del college, quando ha insaccato le vittime in un angolo e deve sceglierne una, canticchia una filastrocca: "Ambarabà Cicì Cocò", ad ogni sillaba punta il dito su un prigioniero, quello su cui si ferma con l’ultima sillaba deve morire.
Chissà se questo stragista di Las Vegas non ha spostato la mira da qualche gruppo remunerativo a qualche singolo ragazzo o ragazza, che per una ragione qualsiasi attirava la sua attenzione. Una foto mostra un uomo in carrozzella con la bocca storta dallo spavento, spinto via da un’altra persona, moderna parabola del Samaritano. Gli uomini in difficoltà, come quelli in carrozzella, eccitano la voglia sterminatrice dei killer: nel "Pianista" di Polanski le SS occupando il ghetto di Varsavia scaraventano giù dalle finestre un ebreo in carrozzella, quello urla e loro ridono. Nietzsche indicava al Superuomo una terra al di là del Bene e del Male, Hitler ce l’ha portato, e gli stragisti ci tornano.