I cinque morti e gli oltre duecento feriti del mercatino di Natale a Magdeburgo non possono essere archiviati in fretta. Sono le vittime di Taleb Al Abdulmohsen che ha colpito a caso cittadini tedeschi perché la Germania non odia abbastanza i suoi nemici, i musulmani. Un arabo ateo, dunque, che ha assunto i panni di un suprematista bianco, il quale però ha ucciso altri bianchi perché odiano troppo poco. Troppe contraddizioni. Quello che è avvenuto a Magdeburgo non ha senso, è tragico ma anche irrazionale. Va capito in profondità, esige una riflessione adeguata. Ma la politica ha fretta, la Germania è in campagna elettorale, il 23 febbraio si voterà per consultazioni cruciali per il futuro del Paese. Bisogna monetizzare subito – in termini di consenso – ciò che è accaduto.
Tra i suoi ispiratori, Al Abdulmohsen ha indicato Elon Musk e Afd, Alternative für Deutschland. Il partito neonazista – che sente di vivere la sua grande occasione e la possibilità di un definitivo “sdoganamento” – non ha perso tempo. Ha prima denunciato un’inesistente matrice islamista; ha poi cercato di liberarsi dell’imbarazzante coinvolgimento da parte dello stragista dichiarando sbrigativamente che non è un suo iscritto; e ha, infine, parlato di esasperazione per una politica troppo permissiva verso gli stranieri. Dopodiché è sceso in piazza al grido di “Remigration!”, deportazione: non importa che si tratti di un islamofobo invece di un islamista, conta che è uno straniero e che “ormai ce ne sono troppi” a causa di una politica “sbagliata”. Per chi grida “espulsione, espulsione”, non solo i terroristi ma tutti gli stranieri vanno cacciati perché “non sono tedeschi” e “non ragionano come noi” (anche se c’è bisogno del loro lavoro, come in tutti i Paesi europei).
A sua volta, Elon Musk ha rilanciato affermando che solo il partito neonazista può salvare la Germania, postando su X fake news in tema. Naturalmente, né Afd né Musk hanno giustificato la strage. Ma la fretta della politica produce effetti pericolosi. In mezzo a tante contraddizioni, infatti, una cosa è certa: la mano di Al Abdulmohsen è stata armata proprio dall’odio. Per lo stragista saudita si parla di personalità disturbata e instabile, ma la sua violenza è anche il segno di una società malata. Ci sono patologie che non colpiscono solo gli individui, ma anche le collettività. L’odio è la più grave del nostro tempo. Genera posizioni contraddittorie e irrazionali che non restano nella sfera privata ma invadono quella pubblica. Se la politica se ne lascia contagiare, ne diventa un tramite che lo diffonde sempre di più. Elon Musk e Afd non sono casi isolati. Anche colpire pesantemente civili ucraini proprio il giorno di Natale conferma che oggi prevale una politica tanto priva di empatia da compiere con naturalezza molte atrocità. Avviene anche in Medio Oriente, in Sudan, in Sud Sudan e altrove.
Una politica che insegue l’odio ne assorbe la carica distruttiva e ne mutua l’irrazionalità. Solo apparentemente offre soluzioni, in realtà moltiplica i problemi, con inevitabili effetti boomerang. Non accade solo in modo eclatante quando la politica conduce al terrorismo o alla guerra. È possibile inseguire l’odio anche in forme meno vistose e più sofisticate, come fanno molti protagonisti apparentemente contrapposti ma uniti dalla stessa logica. Assumendo pure i panni della legalità e nascondendosi dietro procedure democratiche: “È il popolo che lo vuole”. Si va dall’intolleranza per il diverso al “cattivismo verbale” (disconoscimento della comune dignità umana), dalle urla della piazza (per spaventare o allontanare gli indesiderati) alla crudeltà legislativa (norme discriminatorie) o amministrativa (trattamenti disumani), dalla violenza poliziesca (immotivata e sui più deboli) a misure contro la solidarietà (come quelle che ostacolano il soccorso in mare).
«La menzogna è più veloce della verità – ha ammonito il vicecancelliere tedesco Habeck, alludendo anche al ruolo dei social –. Prendetevi il tempo per la verità. Prendetevi il tempo per il dubbio, per la riflessione e per fare domande. Non lasciatevi contagiare dall’odio». C’è chi non lo ha fatto. Contemporaneamente alle manifestazioni di Afd, nel mercatino di Natale luogo della strage, in tanti hanno formato una catena umana per lanciare il messaggio: “Non diamo una possibilità all’odio”. Ma chi vorrebbe fermare l’odio appare spesso sulla difensiva. Opporsi apertamente a idee, slogan, azioni correnti – che non vuol dire condivise da tutti e neanche dalla maggioranza – fa sentire a disagio. Condannare l’odio suona anacronistico, un po’ ridicolo e forse inutile. È possibile invertire la rotta? La speranza che non delude è quella che non accetta la realtà ma la cambia, ha spiegato Papa Francesco. Il quale, dopo aver aperto la porta Santa in San Pietro, l’ha aperta a Rebibbia, un gesto che parla da solo. Nel secolo scorso si è parlato molto di rivoluzione cristiana, oggi il termine non va più di moda ma è sempre possibile una rivolta dei buoni, cristiani e non.