«Don’t be evil», non essere (o non fare) il male, stai dalla parte dei buoni: motto impegnativo da adottare in tutti i casi, tanto più se si sceglie di assumere il ruolo di Grande Fratello. È quanto ha fatto Google, il motore di ricerca americano che sa dirci tutto di tutti, compresi noi stessi, e che ai suoi albori ha coniato questa sentenza che fa pensare al giardino dell’Eden piuttosto che a palazzine di uffici, per quanto hi-tech. A simili, autoproclamati paladini del bene, nei giorni scorsi, il
Wall Street Journal ha imputato un’operazione segreta per intrufolarsi nei telefonini e nei tablet di milioni di utenti. In realtà Goolge ha avuto gioco abbastanza facile nel ribattere che si è comportata scrupolosamente come sempre: accesso pieno alle informazioni, ma anonimato garantito. È questo il patto fondamentale che il motore di ricerca stringe con tutti coloro che lo utilizzano; per esempio chi possiede un account di posta Gmail, la mail di Google, accetta che tutto ciò che invia e riceve venga scrutinato e catalogato, con l’unica (ma non piccola) garanzia che le informazioni restino svincolate dai nomi dei soggetti da cui vengono tratte. È il prezzo da pagare, sostiene Google, quando si vogliono ottenere i migliori risultati per qualsiasi ricerca.Ovviamente quella di "essere cattivi" a volte può essere una tentazione forte come schiacciare l’acceleratore se si possiede una Ferrari. Una delle più importanti caratteristiche di Google, alla base del suo successo, è stata fin dall’inizio aver distinto nettamente l’acquisizione delle informazioni dal loro sfruttamento commerciale. L’assioma era: lasciateci frugare nelle vostre cose, promettiamo di farlo per servirvi meglio, non per approfittarne. Tuttavia per i cittadini resta difficile convivere con la certezza che qualsiasi movimento e debolezza vengono registrati e catalogati perché qualcuno si è intrufolato nel nostro telefonino, e non è detto che consoli la frase «lo facciamo per il tuo bene, per tenerti informato». Quella di "non essere cattivi" è una promessa gravosa. I suoi funzionari saranno tutti e per sempre angelici? In fondo Google è un’impresa commerciale e, per dirla nuda e cruda, si fa gli affari suoi, che possiamo solo auspicare coincidano il più delle volte con i nostri. D’altra parte non sempre è facile mantenere il distacco se si possiedono valanghe di soldi e si ha il potere di intimidire governi e nazioni: sicché da una parte abbiamo la tristemente celeberrima adesione alla censura imposta dalla dittatura cinese pur di non rinunciare a quel mercato enorme, e dall’altro – storia di qualche giorno fa – la decisione di abolire le armi dagli oggetti che si possono vendere online. Lodevole iniziativa, ma perché proprio ora? I maligni la vedono connessa al desiderio di rabbonire l’antitrust che sta indagando Google per abuso di posizione dominante.Altra "decisione sensibile" di questi giorni è compendiata nell’annuncio che Google lancerà (con l’immaginabile potenza di fuoco della sua forza economica e dell’onnipresenza nelle navigazioni di milioni di utenti) calibrate campagne di sensibilizzazione «contro l’omofobia», con lo slogan «
Legalize Love». Lodevole iniziativa in senso generale (la dignità di tutti va indiscutibilmente tutelata), un po’ meno se si spinge a sostenere come un «dovere culturale» l’equivalenza civile fra tutti i tipi di unione, svilendo di fatto il matrimonio e la famiglia. Un altro mattone – e certamente non il più piccolo – all’edificio della cultura "politicamente corretta". L’aforisma «non essere il Male» può rivelarsi autolesionista, quando si connette alla presunzione di decidere in proprio che cosa è bene e cosa è male, con la pretesa di rimpiazzare altre istanze ben più autorevoli e certe. La storia insegna che addentare questa mela della conoscenza in genere è foriero di guai…