C’è qualcuno che continua a credere alla favola che se faremo per bene i “compiti a casa”, i mercati saggi e razionali ci premieranno e lo spread scomparirà. O almeno fa finta di crederlo nelle dichiarazioni ufficiali. Credere a questa favola è ciò che ci porterebbe nel burrone perché nessuna guerra “finanziaria” potrà essere vinta se gli aggrediti non si accorgeranno di esserlo e se i loro alleati non li aiuteranno. Il vero problema è un altro ed è su due fronti.
Il primo fronte è quello della speculazione che ha creato un cuneo ingiustificabile sulla base dei fondamentali proprio per far crollare l’euro (come nel ‘92 aveva lavorato per far crollare il sistema dei cambi fissi in Europa). La speculazione non è un giudice imparziale dei nostri progressi ma un avversario che intende sfruttare sino in fondo le nostre debolezze con un obiettivo ben preciso (come lo aveva il finanziere Soros ai tempi dell’attacco a lira e sterlina). Con colpevole ritardo lo riconoscono ora praticamente tutti, a partire da Confindustria che in uno studio diffuso ieri con dovizia di dati illustra il costo dello spread eccessivo in termini di crescita e di aumento del debito. Il secondo fronte è la mancanza di fiducia e solidarietà tra i partner europei che sono caduti in pieno nella trappola, dividendosi in virtuosi e no, con i virtuosi che non hanno il coraggio di rinunciare a qualcosa dei loro benefici a breve (le emissioni a tasso negativo) per salvare l’Europa. O che comunque ritengono che bisogna tirare la corda al massimo per rimettere i Paesi del sud d’Europa sulla strada della virtù, salvo intervenire tempestivamente – come hanno fatto nelle ultime ore i tedeschi con la Spagna – quando si accorgono che questi ultimi sono sull’orlo di un collasso che travolgerebbe anche loro. E in questa inestricabile interdipendenza sta la nostra principale speranza.
Inutile tornare sull’assurdità di quanto sta accadendo rispetto ai fondamentali. I calcoli variano, ma negli ultimi giorni Banca d’Italia, Confindustria e Fondo Monetario si sono aggiunti alla schiera di coloro che da tempo avevano rilevato lo scarto tra spread fondamentale e spread effettivo. Più che prendercela con chi ci attacca però dovremmo lamentarci dell’inettitudine dei nostri “compagni di circolo”. L’ingresso nel club dell’euro ci ha portato enormi benefici, ma adesso, di fronte alla minaccia esterna, il club rischia di saltare perché alcuni pagano ingiustamente molto più degli altri. Italia e Spagna di fronte all’inettitudine europea si trovano come alla guida di due automobili senza freni e senza volante (ovvero senza tasso di cambio e politica monetaria indipendente). Quasi impossibile non finire fuori strada.
Il governo Monti ha ancora pochissimo tempo per agire risolutamente, rompere questa assurda condizione di assedio, in una partita che si gioca tutta a livello internazionale dopo che l’impegno all’interno è stato più che lodevole e si dimostra continuo. Il progressivo aggravarsi della situazione della Spagna dovrebbe aiutarci a comprendere che bisogna battere i pugni sul tavolo in sede europea e pretendere almeno due cose. Primo, una riforma delle regole dei mercati finanziari anche nella sola Unione Europea per addomesticare i movimenti di capitale a breve come hanno fatto, dietro consiglio dello stesso Fondo Monetario, tutti i Paesi che in passato hanno vissuto crisi finanziarie riportando la finanza al servizio del Paese (tassa sulle transazioni, limitazione dell’uso dei derivati a finalità di copertura, separazione tra banca commerciale e banca d’affari). Secondo, uno “scudo” protettivo che per due anni isoli gli acquisti di titoli di stato italiani e spagnoli dalla speculazione sul mercato primario in cambio dell’impegno di questi due Paesi a proseguire sulla strada delle riforme.
Con l’erogazione dei 100 miliardi di euro alla Spagna decisa dall’Ue e approvata immediatamente dal Parlamento tedesco uno spiraglio si è aperto. I soldi potranno essere usati anche per acquisti dei bond sul mercato primario. Se, con molta più decisione, l’Europa procederà in questa direzione (intervento illimitato della Bce sul primario), le armi della speculazione risulteranno spuntate e potremo mandare in soffitta lo spread e il nostro ansioso monitoraggio quotidiano dello stesso.
La possibilità dell’accordo, di un sussulto di politica alta e di fiducia, come quella che portò i leader europei del Dopoguerra a seppellire i conflitti del passato per far nascere la Comunità Europea, c’è ancora ma i tempi stringono. I carri armati della speculazione stanno ormai travolgendo la Spagna ed è evidente che poi toccherà a noi se gli appelli resteranno inascoltati o se i nostri partner “virtuosi” vorranno tirare troppo la corda. Speriamo di non dover arrivare mai al famoso ed evocativo titolo di una nota canzone che raccontava di un altro appello inascoltato dai Paesi amici: «Radio Varsavia, l’ultimo appello è da dimenticare».