venerdì 16 ottobre 2015
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​La legge di Stabilità varata ieri dal Consiglio dei ministri appare al tempo stesso coraggiosa e furba, ai limiti della spregiudicatezza.Manovra coraggiosa perché getta il cuore oltre l’ostacolo di una congiuntura internazionale tutt’altro che tranquilla puntando a consolidare la nostra ripresa con iniezioni di fiducia e di liquidità nelle tasche degli italiani, sfida le rigidità dell’Unione Europea (restando però all’interno delle regole comunitarie) e lancia alcuni segnali di attenzione alla parte più debole del Paese che non rappresentano ancora il salto di qualità anti-impoverimento atteso e auspicato, ma che vanno comunque colti e apprezzati.Manovra furba per quel sentore pre-elettorale che emana, per come strizza l’occhio ai proprietari di casa, cioè l’80% del corpo elettorale, per la vaghezza sulle coperture, per come sembra dare un po’ di gomito ai tanti che mal sopportavano le regole ai limiti di utilizzo del contante, per come in definitiva scioglie le briglie al Paese. E pazienza se ci sarà maggior deficit, se i pesi degli interventi sono piuttosto squilibrati a favore della parte medio-alta dei cittadini con scarsa attenzione alla famiglia: l’intenzione è di lanciare la corsa, di rilanciare gli investimenti e i consumi, di approfittare della frenata della Germania e della Cina per ridare smalto al ruolo di un’Italia che torni a crescere e a prosperare. Non a caso gli interventi più consistenti, oltre all’abitazione, puntano sull’impresa. Non a caso mentre i sindacati sono ignorati da mesi, gli incontri con gli industriali sono stati fitti e frequenti.La manovra illustrata dal presidente del Consiglio è questo e tanto altro. E gli somiglia molto, anzi potremmo dire che questa, assai più delle precedenti, è la legge di Stabilità di Matteo Renzi per coraggio, furbizia e spregiudicatezza appunto. E anche troppo azzardo, che Renzi non dovrebbe amare e al quale invece sembra consegnarsi – non è una metafora – visto l"ulteriore e spropositato spazio che si prevede di dare a sale scommesse e corner del non-gioco per eccellenza. Difficile, per il resto, ritrovarvi il pensiero del ministro Piercarlo Padoan che fino a qualche mese fa concordava con l’Unione Europea sul fatto che fosse prioritario intervenire su redditi e costo del lavoro anziché ridurre la tassazione sulle abitazioni. O che lodava il limite a 1.000 euro per l’uso dei contanti come strumento anti-evasione. «Adesso è cambiato lo scenario: abbiamo approvato la legge sull’autoriciclaggio, la digitalizzazione del fisco, delle dichiarazioni dei redditi...», spiega il premier e dunque la lotta all’evasione «continua con altri mezzi». Se poi si continuerà a pagare in nero l’idraulico o qualche acquisto, non sembra dispiacere più di tanto: tutto fa brodo per la ripresa. L’importante, come insiste a ribadire Renzi, è dare fiducia, spingere «gli italiani ad avere la consapevolezza che consolidare la ripartenza dipende da loro». In realtà dipenderà molto anche da come la Commissione Europea giudicherà i nostri conti e lo schema di manovra, ma in questo momento il nostro presidente del Consiglio appare in vantaggio competitivo. Dalla sua ha infatti il rispetto formale delle regole di bilancio (mentre altri Paesi no), un patrimonio di riforme strutturali già approvate e, come non ha mancato di sottolineare nei giorni scorsi, aver visto più lungo degli altri su temi come l’immigrazione e la necessaria flessibilità di bilancio.Furbizia e spregiudicatezza, dunque. E però anche coraggio, tante scelte positive, importanti segnali di attenzione. Come impegnare 150 milioni di euro l’anno in un triennio per bonificare la "Terra dei fuochi". O aumentare, seppur di pochissimo, la dotazione per la spesa sanitaria.E ancora: assicurare una copertura di 400 milioni di euro alla legge cosiddetta sul "Dopo di noi" per cercare di assicurare un supporto adeguato ai ragazzi disabili di oggi, anche quando un domani i genitori non potranno più accudirli. Positivi pure gli interventi previsti per la riqualificazione delle case popolari e bene le assunzioni nel campo della cultura, per quanto poco più che simboliche. Soprattutto è importante sottolineare come finalmente si cominci a investire in una politica di contrasto alla povertà estrema. Non era più possibile lasciare senza risposte un dramma così profondo, che nel nostro Paese riguarda oltre 4 milioni di cittadini, di cui 1 milione di minori. Il punto è che deve trattarsi di un inizio a cui far seguire altro. Il governo ha infatti annunciato di voler impegnare, in particolare a favore dei bambini, 600 milioni di euro quest’anno, 1 miliardo nel 2017 e 1 miliardo anche nel 2018. La cifra di partenza è assai simile a quanto stimato dall’Alleanza contro la povertà per avviare il primo modulo del Reis, il Reddito di inclusione sociale. Ma se davvero si vuole strappare dalla povertà estrema bambini e adulti che ne sono prigionieri, un miliardo l’anno è del tutto insufficiente, ne servono almeno 7 da raggiungere in un quadriennio. Ecco il contrasto che ancora stride: si impegnano 3,5 miliardi per tagliare a tutti – redditi bassi, medi, alti e altissimi – l’Imu-Tasi sulla prima casa. Solo 600 milioni per strappare i bambini alla povertà estrema. E questo non ci lascia tranquilli a godere del taglio delle imposte.
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