Un anno fa, ancora agli inizi della terribile pandemia di Covid-19, nel titolo di apertura di questa prima pagina suggerivamo una corale scelta di «Prudenza e unità contro virus e paura». Era il 23 febbraio 2020. E il professor Walter Ricciardi, grande esperto di salute pubblica, docente all’Università Cattolica, nostro editorialista e di lì a poco consigliere del ministro della Salute, firmava un editoriale che intitolai «Alleanza vera scienza-politica». Un’analisi solida, che si concludeva con l’indicazione di creare rapidamente giuste condizioni, a partire da «un’unica linea di comando», per un’efficace battaglia contro il nuovo coronavirus. L’auspicio finale era che tra scienza e politica non ci fosse «un dialogo tra sordi». Eppure è proprio lì, nel pieno di un assordante «dialogo tra sordi», che sembra di ritrovarci dodici mesi dopo.
Come se si facesse ancora fatica a capire che cosa ci dicono oltre novantatremila morti in Italia più di mezzo milione in Europa e quasi due milioni e quattrocentomila nel mondo: non numeri astratti e senza lineamenti, ma persone soprattutto vulnerabili e anziane, vite e storie care a tanti e preziose per tutti, artigliate e spezzate da un morbo che ancora non riusciamo a capire pienamente e che solo pochi Stati, con rigore duramente imposto o saggiamente organizzato e accettato, sono riusciti ad arginare.
Un anno dopo, il «dialogo tra sordi» continua – ahinoi – a scoppiare e a riscoppiare non solo tra scienziati e politici, ma anche tra gli stessi scienziati. Sempre gli stessi a obiettare, precisare, smentire ogni volta che si lancia un allarme (poi confermato) e si indica una terapia severa (e purtroppo spesso disattesa). Sempre gli stessi ad arzigogolare settimane dopo davanti a nuove 'ondate' del male, perché tanto le opinioni peserebbero quanto i fatti. Eppure dovremmo saperlo tutti, ormai, che le battaglie intermittenti alimentano guerre senza fine.
L’effetto è disorientante, e letale. Meglio dirlo chiaro. Stiamo avendo l’ennesima riprova che le parole sono pietre e possono troncare il respiro. Perché questo accade a causa degli insani polveroni che le parole senza vera scienza e senza vero senso politico sollevano persino oggi. Molti di noi sono cresciuti in un’Italia nella quale 'pietà non l’era morta', tutt’altro, ma in cui si insegnava che il «medico pietoso fece la piaga infetta». C’è pietà, infatti, e c’è falsa pietà. L’una è necessaria come l’aria, l’altra è dannosa come la grandine. Ma negli anni abbiamo visto applicare troppo spesso e con incomprensibile accondiscendenza il principio della falsa pietà. E così le infezioni hanno continuato a crescere, senza che si affrontasse alla radice
il male e, comunque, si incidessero seriamente e fino in fondo i bubboni. Quali? Debito pubblico, mafie, corruzione, disservizi, vecchi e nuovi sfruttamenti, azzardi, carceri incubo, inquinamenti… L’elenco è sommario, non necessariamente in ordine cronologico e non certo in ordine di importanza, ma eloquente. Dice che col male non si convive, si combatte. E almeno con i virus assassini dovrebbe essere chiaro che non si possono fare patti di convivenza sulla pelle dei più deboli o dei più sfortunati.
Possiamo perciò sperare in scienziati che sappiano spiegare tutto questo e che chiedano risposte adeguate alla sfida del Covid con la stessa solidità e la stessa chiarezza di Walter Ricciardi e della grande maggioranza dei suoi colleghi e delle sue colleghe? Possiamo sperare in capitani d’azienda che si rendano conto che non si può fare in Italia e ovunque il calcolo apparentemente lucroso e tragicamente miope che, esempio non casuale, ha reso le piste di sci elvetiche il trampolino di lancio della variante inglese dei coronavirus nell’Europa continentale? Possiamo sperare in politici che sappiano decidere non pensando a una 'stagione da salvare', ma al domani di tutti da rendere sano?
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