Non si può che gioire della liberazione di Cecilia Sala, frutto di un lavoro di squadra fra governo, intelligence e diplomazia. Un rilascio ottenuto probabilmente in cambio della scarcerazione dell’iraniano Abedini – ma in questi casi meno si fa trapelare e meglio è – e forse con il benestare informale del futuro presidente Trump, ottenuto durante la visita organizzata in tutta fretta dalla nostra presidente del Consiglio. Al di là di questa vicenda specifica, anche in vista del prossimo ritorno di “The Donald” alla Casa Bianca, è opportuna una riflessione su come sarà la diplomazia nell’epoca della seconda presidenza Trump, che arriva in una fase di grande difficoltà del sistema internazionale e di debolezza di tutti i meccanismi multilaterali costruiti a fatica dopo il 1945.
La prima considerazione è che oggigiorno il diritto internazionale e dei singoli individui sembra contare sempre meno. La nostra Cecilia era stata chiaramente imprigionata per avere in mano una pedina da usare come arma di ricatto per l’arresto di questo ingegnere iraniano, probabilmente parte della rete creata dai pasdaran per procurarsi tecnologia sensibile. E, palesemente, gli strumenti a nostra disposizione prescindevano dai meccanismi giuridici: è stato un negoziato avviato da un ricatto iraniano. E come tutti i ricatti prevede una qualche sorta di “transazione”. Una formula quasi commerciale, “io do qualcosa a te in cambio di qualcos’altro”, spesso usata in questi casi, ma che sembra adeguarsi perfettamente allo spirito dei tempi e al ritorno di Trump.
Questi, che vorrebbe acquistare la Groenlandia dalla Danimarca, ha minacciato di invaderla – muovendo quindi guerra a un Paese alleato e membro della Nato, che gli Usa si sono impegnati a proteggere – se non otterrà quanto chiederà. Lo stesso farebbe con il Panama e forse con il Canada, che vorrebbe diventasse parte degli Stati Uniti. Facile considerare questi proclami, invero folli, come delle boutade tipicamente trumpiane.
Kangaamiut in Groenlandia, regione che Trump ha minacciato di sottrarre alla Danimarca - Ansa
Esse rivelano invece una visione dei rapporti internazionali basata puramente sulla forza e sulle trattative “do ut des”. Una visione che mischia i mercanteggiamenti da bazar al bullismo dei più forti e che, paradossalmente, si sposa benissimo con l’approccio delle altre grandi potenze. Se la rozza aggressività di Putin sembra un paragone troppo azzardato – ma in fondo il cinismo del leader russo, che ha mandato a morire centinaia di migliaia di suoi giovani, può fargli alla fine ottenere quanto voleva – i metodi della Cina di XI Jinping sembrano molto più simili al nuovo stile americano: offre vantaggi commerciali e minaccia le maniere forti per ottenere il ritorno di Taiwan a Pechino. E, in fondo, questi metodi vanno bene anche all’India e alle monarchie del Golfo, potenze che praticano relazioni bilaterali basate rigidamente sulla loro convenienza e guardano con grande disprezzo alla diplomazia multilaterale. I grandi sconfitti di questa logica di potenza saranno, ovviamente, il diritto internazionale e le istituzioni internazionali, già umiliate dall’impotenza dinanzi ai conflitti in Ucraina e a Gaza, per citare gli esempi più evidenti. Se quanto conta sarà solo la tua forza militare e la tua spregiudicatezza nel cercare l’accordo migliore per te, allora chi ancora guarda all’Onu e alle corti di giustizia internazionali apparirà solo come un idealista patetico fuori tempo. Ma anche l’Unione Europea, con i suoi complicati – e spesso irritanti – meccanismi e con le sue lentezze continuerà la sua triste involuzione. Perché a contare sarà solo la scaltrezza dei suoi leader nel porsi sotto la protezione del potente del momento o di profittare dei problemi di un suo vicino per firmare qualche contratto in più. Detto per inciso, anche nel caso di Cecilia Sala, l’Europa è sembrata fin troppo svagata.
Le trattative di intelligence fra gli Stati vi sono sempre state ed è un bene che continuino a esserci. Perché a volte la riservatezza e gli accordi “extra legem” sono fondamentali. Ma essi devono costituire l’eccezione per il caso particolare: se divengono la norma in un sistema in cui conta solo astuzia e forza, avremo dissipato quanto faticosamente fatto dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi per creare un sistema internazionale meno violento. Una prospettiva a cui non dobbiamo in alcun modo rassegnarci.