La collina sventrata. Centinaia di persona che si accalcano, grattando furiosamente la terra, con le mani, con le pale, con mezzi improvvisati, per “rubare” qualche frammento di oro. Birava, Sud Kivu, Repubblica democratica del Congo. Una miniera a cielo aperto. Una delle tante. Assieme fortuna e maledizione di quella terra martoriata: la regione custodisce ricchezze minerarie enormi, come l’80 per cento del coltan mondiale. Ma altrettanto enormi sono gli appetiti che le risorse scatenano. Un alveare di disperati in cerca di fortuna. “Ma quello che ne trarranno – spiega padre Eliseo Tacchella, comboniano, per 30 anni in Congo – basterà per poco, al massimo qualche giorno. Per loro, si tratterà solo di un sollievo temporaneo”. Il video, che lo stesso padre Tacchella ha ricevuto dal Congo, racconta un dramma che continua a ripetersi. “Il copione è sempre lo stesso – dice ancora il missionario -. Dopo la scoperta di una miniera, arriva il governo o arrivano le milizie armate che cominciano a sparare. O può anche arrivare una multinazionale. Alla gente non rimane nulla. Solo briciole”.
Oltre che di diamanti, la Repubblica democratica del Congo è fra i primi produttori mondiali anche di due metalli che la tecnologia sta rendendo indispensabili e quindi sempre più appetibili come forma di autofinanziamento illegale per le decine di milizie che infestano soprattutto l'est del Paese: il cobalto e il coltan. Del primo, il Congo produce oltre il 60% di quello in circolazione nel mondo dove è sempre più ricercato per l'impiego nella costruzione di telefonini e batterie di auto elettriche. Il coltan invece è minerale da cui si ottiene il tantalio, metallo raro che - da ingrediente essenziale per la produzione missilistica e nucleare e per il settore aerospaziale – è diventato di recente ambitissimo dai produttori di telefonia mobile. Ma il sottosuolo del Congo è ricco anche di petrolio, oro, argento, uranio.