sabato 14 ottobre 2017
Giunti 6mila peshmerga di rinforzo. Il governo smentisce di voler attaccare la città del Kurdistan, ma è questione di ore. Anche i russi coinvolti. I cristiani denunciano minacce dai curdi
Forze irachene concentrate a Rashad, a sud di Kirkuk: entro domani i curdi devono rispettare l'ultimatum e lasciare i pozzi di petrolio (Epa)

Forze irachene concentrate a Rashad, a sud di Kirkuk: entro domani i curdi devono rispettare l'ultimatum e lasciare i pozzi di petrolio (Epa)

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Dopo due giorni di accuse e smentite giunge l’ultimatum del premier iracheno Abadi per Kirkuk. Lo riferisce l’emittente curda Rudaw. È stato il presidente iracheno Fuad Masum, pure lui curdo, a consegnare ai leader dell’Upk, il partito egemone a Kirkuk, le sei condizioni di Baghdad: la consegna dell’aeroporto di Kirkuk, della base militare K-1, di tutti i giacimenti petroliferi (che sono già stati "promessi" alle società petrolifere russe e che inevitabilmente diventano int5eresse di Stato per il Cremlino che si sente così coinvolto), di tutti i miliziani del Daesh prigionieri dei peshmerga, di permettere il ritorno dell’esercito iracheno nei luoghi che occupava prima dell’offensiva del Daesh e la revoca dell’incarico al governatore di Kirkuk, Najmaldin Karim.

L’ultimatum scadrà alle due del mattino di domenica. Il governo regionale del Kurdi- stan iracheno ha subito fatto appello «all’ayatollah al Sistani, a tutti i partiti iracheni, all’Onu, all’Ue, agli Usa e alla Coalizione anti-Isis perché si mobilitino con urgenza per impedire una nuova guerra nella regione». Lo afferma il premier del Kurdistan, Nechirvan Barzani, in un comunicato. «Chiediamo alle forze irachene e straniere di evitare di incitare al conflitto, perché questo avrebbe gravi conseguenze sulla situazione interna del Paese e in tutta la regione», prosegue Barzani. In giornata il governo di Erbil aveva spostato altri 6mila peshmerga provenienti da Erbil e Sulaymanyha nella provincia contesa di Kirkuk. «Non vogliamo la guerra e cerchiamo di risolvere i problemi attraverso il dialogo», precisava il vice presidente del Kurdistan Kosrat Rasul. Intanto le milizie curde si sono ritirate da due villaggi a sud di Kirkuk, lasciando che le forze governative appoggiate da quelle sciite della Mobilitazione popolare prendessero il loro posto per riposizionarsi a Kirkuk. Sulla città, riferiscono fonti locali, sono iniziati l’altra notte i sorvoli di aerei della Coalizione a guida Usa.

Intanto il Movimento Babilonia, gruppo cristiano con la sua milizia, ha accusato i curdi di intimidazioni e minacce di deportazione contro chi si è opposto allo svolgimento del referendum nelle aree della Piana di Ninive controllate dalle milizie peshmerga ma non facenti parte della regione autonoma del Kurdistan. Secondo il movimento prima del referendum molti cristiani hanno subito pressioni e minacce al fine di obbligarli a partecipare alla consultazione.

Sempre a Kirkuk si registrano anche i primi scontri tra le milizie dei peshmerga curdi e quelle sciite di Mobilitazione popolare. La tensione è aumentata negli ultimi giorni dopo lo svolgimento del referendum per l'indipendenza del Kurdistan. Nelle ultime ore sarebbe in corso una mediazione da parte di Washington. Truppe regolari irachene e uomini delle unità paramilitari sciite avrebbero rioccupato alcune posizioni abbandonate dai peshmerga.

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