domenica 26 maggio 2019
«C’è un deficit da colmare perché il progetto europeo è distante dalle persone»
Matthieu Rougé

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Parigi «Ifrancesi in genere e i cattolici in particolare sono malgrado tutto, penso, profondamente legati all’Europa, con cuore, intelligenza, cultura, volontà. Ma non dovrebbero essere scoraggiati da istituzioni troppo complicate, come si ammette pure fra gli addetti ai lavori, e da responsabili atoni». A parlare è monsignor Matthieu Rougé, vescovo di Nanterre, fra le voci più ascoltate della Chiesa francese.

Monsignore, i “padri dell’Europa” erano quasi tutti cristiani. In Francia, i cristiani possono restare alfieri dell’europeismo?
La secolarizzazione della società francese e una più forte laicità militante negli ambienti politici e mediatici lasciano poco posto a una proposta europea esplicitamente cristiana. Sospettato di essere “troppo cattolico”, François-Xavier Bellamy, capolista dei Repubblicani, ha subìto attacchi denigratori particolarmente aggressivi a inizio campagna, da parte di media, avversari, ma pure figure emblematiche del suo campo. Non ha mai nascosto le sue convinzioni, ma senza immetterle in modo immediato o indiscreto nel dibattito propriamente politico. Detto questo, Robert Schuman o Jacques Delors restano dei riferimenti. Si sa che erano cristiani, ma si fa un po’ come se non contasse. È il paradosso francese: il Paese vive una relazione molto profonda con la cultura cattolica e le radici cristiane dell’Europa, ma stenta ad ammetterlo.

Ci potrebbe fare qualche esempio d’impegno per l’Europa che sente vicino?
Sono stato profondamente segnato dalla figura di Robert Schuman, di cui attendo con impazienza la beatificazione. Il suo radicamento spirituale e l’ampiezza della sua visione dovrebbero ispirare l’europeismo. Su un altro registro, oc- corre evocare i santi patroni dell’Europa: tre donne e tre uomini che tracciano come un segno di croce sul Continente, Brigida di Svezia, Teresa Benedetta della Croce e Caterina da Siena da nord a sud, Cirillo, Metodio e Benedetto da est a ovest. Per molti giovani cattolici, segnati dalle Gmg e dagli scambi Erasmus, l’Europa rappresenta pure una rete di luoghi di pellegrinaggio: Compostela, Czestochowa, Roma e presto Lisbona e Fatima. Al di là di persone e luoghi, molti giovani hanno assimilato una sorta d’umanesimo europeo fatto di rispetto della dignità umana, gusto per la cultura, capacità d’accoglienza e dialogo, ciò che il filosofo cattolico Rémi Brague chiama «la via romana».

L’Europa non resta pure un’entità sospetta, quasi minacciosa, per molti cristiani?
Certi cattolici ferventi e impegnati percepiscono in effetti l’Unione Europea come una minaccia. Il dibattito sulle radici cristiane dell’Europa, attorno al progetto costituzionale poi respinto per referendum, e l’ostinazione delle autorità francesi nel rifiuto di menzionarle esplicitamente, hanno dato l’impressione che i politici volessero privare l’Europa della sua identità profonda ed emarginare la sua dimensione cattolica. Del resto, certi testi e direttive dell’Europarlamento o del Consiglio d’Europa sulla bioetica o sui diritti delle “minoranze sessuali” suscitano la sensazione che le istituzioni europee si dedichino di fatto a scalzare progressivamente lo zoccolo naturale della società. In virtù di un ribaltamento molto spiacevole, l’Ue che si voleva protettrice dei diritti fondamentali, è percepita da alcuni come distruttrice dell’umanesimo europeo e cristiano.

Perché in generale così poco entusiasmo europeista in Francia?
Le autorità europee sono in buona parte responsabili dell’euroscetticismo diffuso, in particolare dando l’impressione che si costruisce l’Europa contro le nazioni. Malgrado le sue evoluzioni, l’identità francese resta forte e viva. Perché non fare dell’appartenenza nazionale un trampolino, e non un ostacolo, verso l’identità europea? D’altro canto, la complessità delle istituzioni europee dà una sensazione d’opacità kafkiana che rafforza la perdita di fiducia generalizzata verso i politici. C’è insomma un deficit d’incarnazione entusiasmante, leggibile, affidabile del progetto europeo. A ciò si aggiunge un deficit di leadership cattolica in Europa, dopo la morte dei cardinali Lustiger, Macharski, Meisner o Martini.

La Chiesa francese deve far riflettere sull’Europa?
S’impegna già con pubblicazioni e con le sue iniziative condivise con i diversi episcopati europei. In proposito, non si dovrebbe mai cominciare colpevolizzando i cattolici euroscettici, ma ascoltando i loro interrogativi per rispondere in modo ancor più pertinente e credibile. I fedeli hanno talora la sensazione che la Chiesa sia prigioniera di un certo “buonismo” sull’Europa, o che manchi di libertà critica verso le istituzioni di Bruxelles e Strasburgo. Credo che la Chiesa, per risvegliare la fiamma europea, debba far attenzione a non schierarsi con gli euroscettici, né con gli euroentusiasti, ascoltando e accogliendo, invece, ogni domanda con attenzione per illuminarla a partire dalle ricchezze creative della sua tradizione antropologica e spirituale.

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