Il furgone bianco con targa spagnola, carico di bombole, bloccato a Rotterdam (Ansa)
Quanto successo a Barcellona ha aumentato ancora di più l'allerta internazionale e la cooperazione contro il terrorismo. E nella serata di mercoledì a Rotterdam è stato annullato il concerto delle band Usa Allah-Las. La decisione è stata presa dopo un’informativa di Madrid. A quel punto sono scattate le indagini degli investigatori olandesi, che hanno individuato, vicino al luogo dell’evento, un furgone-van con targa spagnola con due bombole di gas. L’autista del mezzo, uno spagnolo, è stato fermato. Nella notte un secondo uomo, un cittadino olandese di 22 anni, è stato fermato nella regione del Brabante, anche se l'episodio non riguarderebbe direttamente la scoperta del furgone a Rotterdam.
Fonti dell'antiterrorismo spagnolo hanno comunque escluso che il furgoncino con le due bombole di gas,
sia collegato con gli attacchi del 17 agosto a Barcellona e Cambrils. L'allarme infatti è stato trasmesso all'Olanda in merito a un'indagine che l'antiterrorismo di Madrid sta conducendo da mesi. La stessa fonte ha ribadito che gli investigatori hanno scartato l'ipotesi di un legame tra l'autista delv an, uno spagnolo, e la cellula responsabile degli attacchi di Barcellona. La polizia olandese ha interrogato per circa due ore l'uomo fermato dopo la segnalazione. "È presto per dire se vi siano collegamenti con i fatti di Barcellona", aveva detto alla conferenza stampa il sindaco di Rotterdam,Ahmed Aboutaleb. Il livello di allerta in Olanda resta comunque a livello 4 su una scala di cinque.
Dettagli che ricordano in modo preoccupante il piano iniziale della cellula terroristica marocchina del Daesh che a Barcellona ha ucciso 14 persone. Inizialmente i terroristi stavano preparando l’esplosivo per far deflagrare 3 furgoni bombole di gas, il loro obiettivo originario era far saltare in aria la Sagrada Familia e colpire altri punti di Barcellona in un attacco coordinato. Il piano era fallito per l’esplosione accidentale ad Alcanar che aveva ucciso la mente della cellula.
Scoperto un nuovo covo dei killer di Barcellona
L’epicentro criminale della strage di Barcellona è concentrato sull’asse Ripoll-Alcanar. A cui ieri si è aggiunto un altro punto nevralgico: Riudecanyes. In una fattoria abbandonata, a 14 chilometri da Cambrils, gli inquirenti hanno localizzato il secondo covo della cellula jihadista. All’interno, sono stati trovati i documenti semi-carbonizzati di Younes Abouyaaqoub, il killer della Rambla, e di Mohamed Hichamy, uno degli autori del raid di Cambrils, morto nel conflitto a fuoco con la polizia. La scoperta più inquietante, tuttavia, è stata quella delle ricevute dell’acquisto di 500 litri di acetone, componente base per la fabbricazione di esplosivo (il famigerato Tatp), comprati tra il primo e il 2 agosto. Con questo, avrebbero dovuto mettere a segno un attacco di «enormi proporzioni», distruggendo vari monumenti, tra cui la Sagrada Familia. Così ha confermato Mohamed Houli, 21 anni, l’unico non residente a Ripoll, bensì a Melilla. Il giovane, che martedì è comparso in tribunale, si è detto «pentito» e ha chiesto «perdono». Houli non ha partecipato agli attacchi perché ferito. La notte prima del massacro della Rambla, quando ormai l’esplosivo era già pronto ed era nella fase di essicazione (l’ultimo momento, nonché quello più delicato), uno scoppio accidentale che ha fatto saltare in aria la “base operativa”: il casolare di Alcanar. Due della banda sono morti.
Gli altri 10 killer sono stati, dunque, costretti a ridimensionare i piani. Il nuovo obiettivo è diventato La Rambla. L’attacco di Cambrils sembra, invece, essere stato casuale: nel pomeriggio, Mohammed Hichamy ha avuto un incidente. Gli altri quattro del commando sono andati a prenderlo e poi hanno tentato la fuga nella località della Costa Brava. Quando hanno visto il posto di blocco, hanno cercato di ripetere il massacro di Barcellona, ma sono morti nel conflitto a fuoco.
Il filone catalano non esaurisce, comunque, le indagini. Come anticipato dal capo della polizia, Josep Lluís Trapero, lunedì, l’inchiesta cerca di risalire «eventuali connessioni internazionali». Il Daesh, del resto, ha fin da subito rivendicato l’attacco. E, ieri, in un nuovo video – il primo in spagnolo – ha celebrato i «jihadisti di Barcellona» e ha esortato a colpire ancora. Gli ultimi dettagli emersi, inoltre, rivelano molti viaggi all’estero del commando. Il 13 agosto, Driss Oukabir – il primo arrestato – è rientrato dal Marocco. Là, durante l’estate, si erano recati anche il fratello Moussa, morto a Cambrils, e l’imam Abdelbaki Es Satty, considerato la mente delle cellula. Sempre domenica 13 agosto, tornava da Parigi Abauyaaqoub, insieme a un altro membro della banda, di cui non è stato rivelato il nome. Nel covo di Alcanar, c’erano dei biglietti aerei per Bruxelles, fatti con la compagnia Vueling, intestati a Satty.
In Belgio, il predicatore – morto nell’esplosione di Alcanar – era stato a lungo, circa due mesi, tra gennaio e marzo 2016, per poi rintrare in Spagna e effettuare un nuovo viaggio a Zurigo alla fine dell’anno, in compagnia di altri due esponenti del commando: Hichamy e Yousseff Aalla. È il soggiorno belga, tuttavia, ad attirare l’attenzione delle autorità. L’imam aveva toccato la capitale, Diegem e Vilvoorde. Soste importanti queste ultime. A Diegem, la predicazione “sopra le righe” di Satty creò scompiglio nella comunità islamica. La voce arrivò alle autorità. Le quali sostengono di aver prontamente informato la Guardia civil spagnola. Quest’ultima, però, smentisce. Come pure, il governo minimizza la mancata espulsione di Satty, fermata in extremis nel 2015. Allora, l’imam era appena uscito dal carcere, dopo aver scontato 4 anni. Sarebbe, dunque, dovuto essere rimpatriato. Un giudice, però, gli consentì di restare per il suo sforzo di «integrazione» e poiché non «rappresentava una minaccia per la sicurezza». Il conflitto tra Bruxelles e Madrid si somma a quello tra la capitale e Barcellona.
La polizia catalana è stata accusata dal sindacato nazionale degli agenti di aver sottovaluto “l’incidente” di Alcanar e di non averne informato i colleghi per “evitare ingerenze”. «Siamo indignati», è stata la risposta dei catalani. Almeno su un punto, alla fine, i vari livelli istituzionali – comunale, regionale e statale – hanno trovato un accordo: il rafforzamento delle misure di sicurezza a Barcellona, con più agenti e dissuasori nei punti nevralgici.