(Reuters)
Il governo cinese utilizza un sistema segreto per occultare "uno scandaloso numero di esecuzioni". Lo denuncia Amnesty International, secondo cui Pechino rimane 'leader mondiale' dei paesi in cui viene praticata la pena di morte, anche se in mancanza di trasparenza ufficiale sui dati. L'organizzazione umanitaria, che ha pubblicato oggi il suo rapporto sull'applicazione della pena di morte nel mondo, con un`approfondita ricerca sulla Cina, premette che la base di dati giudiziari resi noti dal governo di Pechino su internet "è un passo di apertura", ma parziale che non riferisce di centinaia di casi.
"La base dei dati cinesi contiene solo una parte infinitesimale delle migliaia di condanne a morte che Amnesty stima siano emesse ogni anno". Citando fonti di stampa, Amnesty sottolinea ad esempio che tra il 2014 e il 2016 almeno 931 persone sarebbero state condannate a morte, ma nelle cifre ufficiali cinesi vengono indicate solo 85 sentenze di condanna. Né, sempre secondo Amnesty, vengono riferite le cifre degli stranieri messi a morte per narcotraffico o altri delitti, benché la stampa locale abbia dato notizia di almeno 11 casi.
Il regime di Pechino, che classifica la maggior parte dei casi di pena di morte come 'segreto di Stato', è la conclusione di Amnesty, "realizza una divulgazione parziale e affermazioni che non possono essere verificate per difendere il suo progresso in termini di riduzione delle esecuzioni, ma allo stesso tempo mantiene una segretezza quasi assoluta.
Secondo il rapporto di Amnesty, le esecuzioni capitali nel mondo sono diminuite di circa il 37% nel 2016 rispetto all'anno precedente: l'anno scorso sono state giustiziate almeno 1.032 persone contro le 1.634 del 2015. Il calo, ha spiegato l'organizzazione, è legato soprattutto a una flessione delle esecuzioni in Iran e Pakistan (il numero non include la Cina a causa della mancanza di dati affidabili). Dopo la Cina, il secondo Paese più 'sanguinario' al mondo è l'Iran con 567 esecuzioni, seguito dall'Arabia Saudita (154), dall'Iraq (88) e dal Pakistan (87). Gli Stati Uniti, che per la prima volta dal 2006 non sono tra i primi cinque Paesi, si trovano in settima posizione con 20 esecuzioni.