mercoledì 16 marzo 2022
Nella capitale francese i giovani s'incontrano nel segno dell'angoscia per la tragedia nell'Est del continente, ma anche della speranza di maggiore coesione e solidarietà nel vecchio continente
I giovani protagonisti della Notte europea delle idee a Parigi

I giovani protagonisti della Notte europea delle idee a Parigi - U.s. / Zappalà

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La stupefazione e l’angoscia per una guerra nel cuore dell’Europa. Ma pure la voglia ostinata e il bisogno di sperare che la tragedia in Ucraina possa spingere gli europei verso una coesione e una solidarietà senza precedenti. Perché quando hai 20 anni e sogni di viaggiare fra le contrade e i paesaggi sempre diversi del Vecchio Continente, non puoi smettere di credere che l’anima europea conservi abbondanti risorse interiori per superare ogni crisi in modo costruttivo.

Proprio un intreccio di sentimenti forti ha segnato quest’anno, a Parigi, ‘La Notte europea delle idee’, dedicata al tema ‘Ricostruire assieme’: un evento centrato sull’arrivo nella capitale transalpina di 52 giovani fra i 18 e i 28 anni da tutti i 27 Paesi dell’Unione, proprio nel semestre francese di presidenza Ue. Dal loro incontro, dopo una prolungata riflessione comune, sono emerse proposte concrete per rendere l’Europa più forte, dinamica e resiliente anche di fronte alla violenza del mondo contemporaneo, proprio mentre il continente è di nuovo tragicamente sfigurato dalla guerra.

Il primo dei giovani salito sulla scena dell’auditorium del Collège de France ha tenuto ad osservare un minuto di silenzio in memoria delle vittime in Ucraina. Poi, per tre ore, spazio alle proposte, come quella di avanzare in fretta verso un’Europa della Difesa, quella d’istituire una rete europea di aree marine protette, o ancora quella di creare strumenti ad hoc per aiutare i giovani a lanciarsi nell’agricoltura.

A margine delle presentazioni e dei dibattiti serrati, alcuni dei giovani ‘ambasciatori’ provenienti dai Paesi Ue confinanti con l’Ucraina o con la Russia hanno accettato di condividere con Avvenire le loro riflessioni su quanto sta accadendo.

«Sono molto commosso dall’aiuto che il mio Paese, la Polonia, sta fornendo ai rifugiati ucraini, ma anche dalla dimostrazione di forza, come nazione, che l’Ucraina sta mostrando a tutti noi europei. Stiamo forse imparando, come europei, che possiamo agire assieme, quando occorre», ci dice Filip, 25enne polacco, laureato in neurobiologia e impegnato nell’associazione Bringing Europeans Together.

Keita, 23enne lettone, studentessa in scienze politiche, racconta: «Solo due mesi fa, mi trovavo a Kiev, avendo lì carissimi amici. Adesso, come mai mi era capitato prima, mi sveglio al mattino con l’ansia di leggere le notizie e un sentimento di paura, accanto all’ammirazione per come gli ucraini cercano di difendere la propria indipendenza. In Lettonia, ho visto 30mila persone scendere in strada, qualcosa d’eccezionale per noi, così come il livello degli aiuti. Credo che questa crisi stia risvegliando il ricordo dei traumi del passato legati all’era sovietica. Adesso, dopo la reazione rapida dell’Unione Europea, la mia personale fiducia verso l’Europa sta crescendo».

Già autore di diversi testi teatrali, Adam, 21enne ungherese, scruta le trasformazioni in corso: «Sono eventi terribili, ma spero almeno che ci aiuteranno a divenire più forti come Unione Europea. Il mio Paese non si è guadagnato una buona reputazione per l’accoglienza dei rifugiati, ma osservo oggi verso l’Ucraina uno slancio di solidarietà in Ungheria di cui possiamo andar fieri. Qualcosa sta cambiando nell’opinione pubblica».

Studentessa in politiche ambientali, Maija, 23enne finlandese, non smette d’interrogarsi: «Anche in tempo di pace, fra europei, dovremmo imparare in fretta a sentirci più vicini gli uni con gli altri. Oggigiorno, non abbiamo davvero altra scelta. Mi chiedo se abbiamo fatto abbastanza, negli ultimi anni, per comprendere e aiutare davvero i nostri amici ucraini. Stiamo imparando che l’Unione Europea dovrebbe fare molto di più per prevenire questo genere di situazioni e per salvaguardare la pace».

Uku, 23enne estone, studente d’ingegneria a Tartu, tiene ad essere franco: «Inutile nasconderlo, nei Paesi al confine con la Russia, ci sentiamo nuovamente minacciati. E ancor più di prima, consideriamo oggi gli ucraini come dei fratelli. Con questa guerra, torniamo a capire che l’Europa non è solo una questione di trattati e di commercio, ma soprattutto di valori condivisi».

Si dice particolarmente impressionata pure Maria Francesca, 24enne rumena, laureata in scienze politiche e oggi al servizio dell’Ong Europuls: «I miei nonni hanno vissuto situazioni tragiche e oggi ci torna in mente quanto ci hanno trasmesso le generazioni precedenti. Ma ho l’impressione che l’euroscetticismo diminuirà, perché stiamo vedendo tutti, appena oltre le nostre frontiere, quali sono i frutti amari di una propaganda devastante. Accanto al valore della solidarietà, questa guerra può insegnarci ad apprezzare e coltivare le democrazie che abbiamo faticosamente costruito».


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