lunedì 29 maggio 2023
Il regime ha ordinato il blocco dei fondi per «attività illecità» e sospetto «riciclaggio». E' il primo passo per la requisizione delle proprietà. Il cardinale Brenes esorta a non avere paura
Manifestazione dei sostenitori di Daniel Ortega e Rosario Murillo

Manifestazione dei sostenitori di Daniel Ortega e Rosario Murillo - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Venerdì scorso, un sacerdote di Granada, località turistica del Nicaragua, si è recato in banca per ritirare dei soldi dal deposito della parrocchia. Ha scoperto così che il conto era stato congelato. Nelle ore successive, la Chiesa si è resa conto che il caso di Granada non era il solo. Al contrario, i risparmi di tutte le 9 diocesi del Paese erano stati bloccati. Sabato è arrivata la conferma ufficiale: la polizia ha ammesso di avere confiscato i fondi per presunta «attività illecita». Addirittura parla di «una rete di riciclaggio di soldi» facente capo alle differenti diocesi, all’interno delle quali sarebbero state trovate borse con «centinaia di migliaia di dollari di dubbia provenienza». Accuse gravissime che il cardinale Leopolgo Brenes, arcivescovo di Managua, ha definito «infondate» e ha esortato a «non avere paura». In effetti, finora è stata presentata alcuna prova. Né gli interessati sono stati avvertiti. Una prassi usuale del regime di Daniel Ortega. I 94 cittadini spediti a febbraio in esilio e privati della nazionalità hanno scoperto di aver perso i loro beni in patria dai media. Eppure, il nuovo capitolo dell’offensiva del presidente e della vice, nonché consorte, Rosario Murillo, rappresenta un ulteriore salto di livello della persecuzione in atto ormai da un anno e mezzo. Il congelamento dei conti è il primo passo per la requisizione dei fondi e delle proprietà della Conferenza episcopale da parte dello Stato. Esattamente quanto il governo ha fatto con le Ong e associazioni indipendenti. Ora tocca all’ultima realtà autonoma rimasta: la Chiesa cattolica, appunto. Poi, l’orteguizzazione della nazione centroamericana sarà completa. O almeno questo credono Ortega e Murillo. La gente, in grande maggioranza cattolica, vive con crescente disagio gli arresti di sacerdoti e vescovi, l’espulsione delle congregazioni religiose e la chiusura di opere sociali da queste realizzate. Il malessere è palpabile anche all’interno della base orteguista. Il governo, però, non è disposto a sentire ragioni.
Il vescovo di Matagalpa, Rolando Álvarez è recluso da quasi quattro mesi nel carcere di La Modelo di Managua dove sconta una condanna a 26 anni per «terrorismo». La settimana scorsa, padre Jaime Iván Montecinos, della medesima diocesi, è stato arrestato in quanto «minaccia per la sicurezza nazionale». Solo nel 2022, i cattolici hanno subito 161 attacchi, finora 32 religiose sono state cacciate dal Paese, 7 edifici confiscati e13 media e 10 Ong cattoliche chiuse. Il Nicaragua è l’unico Paese d’America e il 13esimo nel mondo ad avere congelato le relazioni con la Santa Sede. Il paradosso nel paradosso è che Ortega e Murillo continuano a definirsi ferventi cattolici. Dopo aver manipolato il sandinismo adesso è il turno della fede.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: