I partiti di opposizione sudcoreani presentano la mozione di impeachment contro il presidente Yoon Suk-yeol - REUTERS
Il giorno dopo, la domanda - che pesa come un macigno - è: "perché"? Cosa ha spinto il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol a proclamare la legge marziale, ritirandola sei ore dopo, agitando lo spauracchio delle "forze anti-Stato" e delle "minacce poste dalla Corea del Nord" all’integrità del Sud, in quella che appare sempre più come una mossa “avventata” (Korea Times), un “atto politicamente disperato” (Aspi) respinto peraltro in modo unanime dall'Assemblea nazionale, “un modo per scavarsi la fossa” (Cnn), insomma un vero e proprio suicidio politico? Una cosa è certa: il destino di Yoon sembra ormai segnato ma il suo azzardo ha consegnato il Paese (e le sue forze armate) a una stagione di grande incertezza e pericolosa instabilità.
I sei partiti di opposizione hanno deciso di accelerare il passo per la messa in stato d'accusa del presidente, con il deposito della mozione di impeachment in Parlamento e la sua votazione ritenuta "possibile già entro la fine della settimana". Secondo l’agenzia Yonhap, il disegno di legge verrà sottoposto alla sessione plenaria dell'Assemblea nazionale domani, mentre la votazione è prevista per venerdì o sabato. La mozione fa aumentare le pressioni su Yoon, tra le spinte a fare un passo indietro “volontario” e quelle per costringerlo a dimettersi, dopo la legge marziale di appena sei ore durante le quali i militari hanno accerchiato e sono entrati nel Parlamento prima del voto unanime di revoca del provvedimento d'urgenza da parte dei deputati. Mettere sotto accusa Yoon richiede il sostegno di due terzi del Parlamento, 200 sui 300 deputati totali, e poi il supporto di almeno sei giudici della Corte costituzionale. La mozione dovrebbe essere messa ai voti già venerdì 6 dicembre, ha riferito il deputato del partito Democratico Kim Yong-min, ma è anche possibile uno slittamento al 7 dicembre.
Secondo la Costituzione sudcoreana, l'impeachment deve essere proposto dalla maggioranza del parlamento e approvato da due terzi di tutti i deputati. La proposta andrebbe poi alla Corte costituzionale, una delle corti più alte della Corea del Sud, insieme alla Corte suprema. Almeno sei giudici devono accettare di procedere con l'impeachment, secondo la costituzione. A quel punto, il presidente verrebbe sospeso dall'esercizio del suo potere durante il processo, fino a quando non verrà pronunciata la sentenza di impeachment.
Le proteste di piazza a Seul - Fotogramma
Intanto la compagine di Yoon si sta sgretolando. Il capo dello staff e alcuni collaboratori del presidente sudcoreano "hanno presentato le loro dimissioni". "Importanti collaboratori" di Yoon, incluso il suo capo dello staff Jeong Jin-seok, "hanno presentato le loro dimissioni", ha riferito Yonhap, senza fornire ulteriori dettagli. Sempre secondo l'agenzia sudcoreana, il ministro della Difesa Kim Yong-hyun "si è offerto di dimettersi, assumendosi la responsabilità della dichiarazione della legge marziale. Tutto questo mentre il principale sindacato della Corea del Sud ha indetto uno "sciopero generale" fino alle dimissioni del presidente. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha accolto con favore la decisione del presidente sudcoreano di revocare la legge marziale. "Continuiamo ad aspettarci che i disaccordi politici siano risolti pacificamente e nel rispetto dello stato di diritto", ha aggiunto Blinken. La Corea del Sud è un tassello fondamentale della strategie asiatica Usa, che mantiene nella Penisola circa 30mila soldati disseminati in importanti installazioni militari statunitensi, tra cui Camp Humphreys, la più grande base militare statunitense all'estero.
“Se alla Corea del Sud è stato risparmiato l'incubo e l'imbarazzo di un ritorno al regime militare, ciò è dovuto in gran parte al coraggio dei suoi rappresentanti eletti, che erano sotto minaccia fisica. È un caso molto fortunato che non si siano verificate perdite di vite umane, anche se è improbabile che ciò risparmi la vergogna del personale militare che ha preso parte all'assalto all'Assemblea nazionale” ha scritto l’analista Euan Graham per il quale la turbolenta notte di ieri conferma “quanto sia fragile democrazia sudcoreana”.
Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol proclama la legge marziale - ANSA
L’abortita azione di forza del presidente sudcoreano ha resuscitato fantasmi che si credevano sepolti da tempo nel Paese asiatico. Come scrive l’Ap, “la Corea del Sud è diventata una democrazia solo alla fine degli anni '80 e l'intervento militare negli affari civili è ancora un argomento delicato che tocca nervi scoperti. Durante le dittature che emersero mentre il Paese si ricostruiva dalla guerra di Corea del 1950-53, i leader del Paese proclamarono occasionalmente la legge marziale che consentiva loro di stazionare soldati da combattimento, carri armati e veicoli blindati nelle strade o nei luoghi pubblici per prevenire manifestazioni antigovernative”. Il dittatore Park Chung-hee, che governò la Corea del Sud per quasi 20 anni prima di essere assassinato nel 1979, guidò diverse migliaia di truppe a Seul nelle prime ore del 16 maggio 1961, nel primo colpo di stato del Paese. Proclamò la legge marziale più volte per fermare le proteste e incarcerare i critici. Meno di due mesi dopo la morte di Park, il maggiore generale Chun Doo-hwan guidò carri armati e truppe a Seul nel dicembre 1979 nel secondo colpo di stato. L'anno successivo, orchestrò una brutale repressione militare di una rivolta pro-democrazia nella città meridionale di Gwangju, uccidendo almeno 200 persone. Scene considerate inimmaginabili nel Paese. Fino a ieri.