Le truppe russe hanno lanciato un attacco missilistico sulla regione di Odessa, danneggiando un ponte sull'estuario del Dnestr. Lo hanno riferito - secondo quanto riporta l'Ukrainska Pravda - le autorità della regione su Telegram non fornendo al momento indicazioni su eventuali vittime. - TPYXA / Ansa
«Oggi la sveglia è suonata tardi», dice con aria da spaccone il soldato di guardia alla fortezza che da tremila anni è sempre l’ultima a cadere. L’allarme è risuonato alle 10.05, fino a quando nel pomeriggio si è visto a occhio nudo un missile russo abbattuto dalla contraerea. Anche a Bilhorod-Dnistrovskyi, nella regione di Odessa, si guardano le spalle. Perché da una parte c’è il mare, dall’altra la Transnistria. E i russi sono da entrambe le parti.
A compimento di ogni invasione, Bilhorod cambiava nome. Prima di assumere quello ucraino, i russi l’avevano ribattezzata “Belgorod-Dnestrovskij”, gli ottomani “Akkerman”, i rumeni “Cetatea Alba”, i veneziani “Maurocastro”, i greci “Tyras”. Ma oggi qui è familiarmente chiamata “Fortecja”. Quando in cima al castello veniva issata la bandiera di un altro colore, allora la guerra era finita. Nel peggiore dei modi: la fortezza si arrendeva ai nuovi conquistatori.
«Non è così che andrà stavolta», dice il ragazzo in mimetica e scarpe da basket che dall’altura osserva la distesa verdeggiante su cui potrebbe sbarcare il nemico. Si capisce da come tira su i pantaloni, troppo larghi per la sua taglia, che il mestiere delle armi non è il suo.
«Sono lì», ripete indicando un punto all’orizzonte. La giornata è così piovosa da far sembrare le mura coperte di muschio come un pezzo d’Irlanda. All’orizzonte si vede solo nebbia. «Da quella parte c’è l’Isola di Achille», ripete il ragazzo che dalla sera alla mattina ha lasciato i libri all’Università di Odessa e preso il fucile.
Quando due giorni fa i russi hanno abbattuto il ponte, i soldati hanno detto addio alla libera uscita sulla spiaggia minata di Odessa. Per tornare a casa dovrebbero entrare in Moldavia e poi sbucare di nuovo in Ucraina. Ma il passaggio di convogli militari a Chisinau romperebbe l’asserita neutralità moldava.
Il punto indicato dal soldato è Byle, questo il nome ucraino. Uno scoglio lungo 600 metri e largo 400. Al centro dell’isolotto, a 43 metri sulle onde del Mar Nero, ci sono i resti del tempio di Achille. Nel primo giorno di guerra si è consumata una di quelle battaglie che adesso raccontano come fosse stato uno degli scontri del leggendario condottiero, le cui ceneri secondo Plinio il Vecchio furono portate proprio a Byle, su quella che le mappe chiamano “Isola dei Serpenti”. Ma non è ai rettili che alludono gli ucraini. C’erano tredici soldati di Kiev a presidiare il piccolo forte sul mare. Conquistarlo vuol dire poter tenere alla larga le navi nemiche, oppure da qui lanciare l’assalto alla terraferma. I tredici uomini, pochi e male armati, pare avessero finito le munizioni e quando via radio le fregate russe hanno suggerito di arrendersi, avrebbero risposto con uno spavaldo «vaffa». Pare siano morti tutti. Ma proprio come nelle leggende, altri sostengono che ci sarebbero invece dei superstiti, gettati in una prigione in Crimea. Di certo c’è solo che l’isolotto è ora in mano russa. Due giorni fa è stato bombardato da droni a disposizione di Kiev, perciò Mosca sta rinforzando le difese.
Fino a quando ci saranno soldati russi il comando militare di Odessa non può escludere che prima o poi si arrivi a uno sbarco via terra. Anche per questa ragione sarebbe stato bombardato da Mosca il ponte alla foce del Dnestr. L’infrastruttura, diventata anche un’attrazione turistica per via della campata centrale che veniva sollevata al passaggio delle navi dirette nella baia, è stata fatta a pezzi dai missili. «Il ponte era la più importante arteria di trasporto che collegava Odessa con il confine rumeno. Inoltre – spiegano con sconforto dall’amministrazione regionale –, questo passaggio era l’unico collegamento ferroviario con tre distretti di Odessa: Izmail, Bolhrad e Bilhorod-Dnistrovskyi».
Per l’Ucraina è un serio problema militare, perché è stata tagliata l’unica arteria (stradale e ferroviaria) che consentiva i trasporti direttamente verso la regione sud, lungo la costa del mar Nero che confina con la Romania. Da lì transitavano armi e merci. Ora non resta che passare dalla Moldavia, con un percorso tortuoso per aggirare l’enclave filorussa della Transnistria.
Per Mosca è un grosso vantaggio. Se dovesse ordinare lo sbarco della fanteria, anch’essi non potrebbero usare il ponte sul Dnestr, ma aggirerebbero l’ostacolo passando rapidamente attraverso la Transinitria, dove già si trovano centinaia di soldati russi che potrebbero rifornirsi direttamente nei depositi di armi dell’ex Unione sovietica. Al contrario le forze ucraine dovrebbero ottenere il permesso di Chisinau, che però non vuole essere coinvolta nel conflitto che già bussa alle porte di casa.
Su questo versante, è lo scenario che l’Ucraina più teme. Tanto da avere offerto alla Moldavia – che ha rifiutato – la disponibilità ad invadere l’enclave separatista per restituirla al controllo di Chisinau. Anche per le strade della capitale moldava, sotto una pioggia che ha già cancellato la breve primavera della Pasqua ortodossa, si vedono gruppi di giovani soldati. Sulle spalle lo zaino per le escursioni brevi e nessuna arma nei cinturoni. Dicono che andranno a rinsaldare le linee di confine, ma non sanno quale equipaggiamento verrà fornito loro. «L’importante è che i caricatori siano pieni», dice un biondino dai modi teatrali.
La gente del villaggio di Bilhorod-Dnistrovskyi non sa cosa aspettarsi. La zona non era stata toccata dagli scontri. Le donne non hanno lasciato gli uomini e le case. I bambini hanno continuato a riempire i quaderni, mentre nel Municipio arrivava perfino la posta con centinaia di disegni dalle scuole elementari polacche. Sono tutti messi in mostra.
“Fortecja” si prepara a un’altra notte di sirene e paura. I vecchi dicono che un attacco a tenaglia, dalla Crimea via terra e dal mare attraverso Bilhorod metterebbe in ginocchio Odessa. Poi dalla città arriva una notizia che fa guadagnare fiato e tempo. Le forze ucraine hanno distrutto un ponte ferroviario, vicino al villaggio di Yakmivka, che collegava la Crimea alla città di Melitopol. «Gli occupanti fornivano armi e carburante dalla Crimea attraverso questo ponte», spiega Serhiy Bratchuk, portavoce dell’amministrazione militare di Odessa che inonda i giornalisti di messaggi trionfanti. Anche su “Fortecja” sventolerà la bandiera gialloblù e la città continuerà a conservare il suo ultimo nome.