martedì 26 novembre 2024
Le truppe cominciano a costare troppo: il presidente russo dopo aver reclutato militari nordcoreani fa shopping in saldo nello Yemen, grazie al supporto degli Houthi
La prima neve d'inverno nella regione di Donetsk

La prima neve d'inverno nella regione di Donetsk - Ansa

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La Russia avanza in Donbass, ma inizia ad avere le pile scariche. E i conti in rosso. La guerra in Ucraina sta costando a Vladimir Putin molto più di quanto il suo Paese possa permettersi, sia dal punto di vista economico che da quello demografico. Occorre trovare nuove leve da mandare al fronte e devono essere tante, viste le perdite. Secondo l’esercito ucraino, in questo momento in Donbass muoiono dai 1.000 alle 2.000 soldati al giorno. E al netto della propaganda – dell’una e dell’altra parte – è un fatto che sono migliaia le mogli e le madri che non vedono tornare mariti e figli a casa, e che è sempre più impegnativo, per il regime, metterle a tacere. Gli assenti all’appello cominciano a essere troppi. Putin vorrebbe una nuova mobilitazione, questa volta totale. Ma sa che in questo momento persino lui, padrone di un Paese che governa a suon di metodi mafiosi, servizi segreti e menzogne, rischierebbe grosso davanti a un provvedimento del genere. Si recluta, dunque, ma nel modo più discreto possibile e con tutti i mezzi meno leciti di questa terra. Il primo è pagare perché la gente vada al fronte. Ma ormai i russi hanno capito che si tratta di una missione che può essere senza ritorno. Quindi per farli partire bisogna pagare di più. Il presidente sa di poter contare su governatori locali che, pur di mettersi in mostra ai suoi occhi, ormai fanno a gara a chi trova più persone disposte a partire per il fronte. In Buryatia e nella regione di Nizhny Novgorad, l’assegno per partire ammonta a 30mila euro, quando lo stipendio mensile medio oscilla fra i 300 e i 450 euro. Davanti a una cifra del genere, in molti decidono di aderire, spesso anche per aiutare la famiglia. Peccato che i soldi stiano finendo. La settimana scorsa, il presidente Putin ha firmato il decreto che diminuisce le compensazioni per chi si ferisce lievemente. Adesso è previsto un indennizzo di 950 euro, prima era 30 volte tanto.

Secondo la governatrice della Banca Centrale, Elvira Nabiullina, il prossimo anno il Paese andrà in “stagflazione”, quindi crescita zero e inflazione alle stelle. Colpa dell’economia nazionale riconvertita in economia di guerra. L’economista ha avvertito che le risorse nazionali stanno finendo e che, con le entrate derivanti dal comparto energetico fortemente ridotte, il Paese rischia il collasso. Dunque, se proprio si vuole andare avanti con lo sforzo bellico, si deve spendere il meno possibile. Che si reclutino carcerati nelle prigioni non è una novità. La Russia lo fa da almeno due anni. Il problema è che prima agiva attraverso Evgenij Prigozhin, ex “cuoco di Putin” e poi fondatore della milizia Wagner. Morto nel 2023, la sua creatura è stata assorbita dalle Forze Armate russe, che ora si sono messe a loro volta e trovare nuovi soldati fra i galeotti. La differenza con Prigozhin è che lui sceglieva ladri e assassini e li pagava profumatamente. L’esercito russo, invece, recluta quelli che hanno cercato di dare fuoco agli uffici di arruolamento e a quelli di registrazione, che ora devono partire e farlo gratis. Una mossa, questa, resa possibile con la riforma del codice dello scorso anno, che permette di saldare il proprio conto con la giustizia servendo la patria, quindi andando in guerra. In caso di rifiuto, c’è la permanenza nelle prigioni russe, che per molti è più pericolosa del fronte.

Si arriva quindi a metodi di reclutamento “alternativi”. Prima i mercenari (a basso prezzo) nordcoreani. Ora gli yemeniti. Oltretutto attirati con l’inganno. A centinaia sono stati cooptati con una “inserzione di lavoro” da una società basata in Oman, ma legata agli Houthi, la milizia armata yemenita, sempre più vicina a Vladimir Putin. Quasi sicuramente, queste reclute, finite ai margini per la povertà e la guerra in patria, si ritrovano ora a ripagare, come “capitale umano”, la fornitura di armi al Paese da parte di Mosca. Uomini per lo più ignari di ciò che li aspetta, poco o per nulla motivati, erano convinti di andare, sì, in Russia, ma a lavorare, con la promessa di uno stipendio elevato e, per alcuni, anche della cittadinanza. Invece, come confermato da fonti del Financial Times, finiranno probabilmente sulla prima linea del fronte. Senza addestramento militare. In Russia c’è una definizione molto specifica, usata fin dall’epoca imperiale, per questa categoria: carne da cannone.

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