mercoledì 27 novembre 2024
Il procuratore Khan ha chiesto ai giudici un mandato di arresto per il capo della giunta militare al potere dal 2021, per le persecuzioni contro la minoranza musulmana dei Rohingya
Il capo della giunta militare al potere in Myanmar, generale Min Aung Hlaing

Il capo della giunta militare al potere in Myanmar, generale Min Aung Hlaing - Reuters

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Il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan, ha chiesto ai giudici un mandato di arresto per il capo della giunta militare al potere in Myanmar, Min Aung Hlaing, per presunti crimini contro l'umanità commessi contro la minoranza musulmana dei Rohingya.

«Dopo un'indagine estesa, indipendente e imparziale, il mio ufficio ha concluso che ci sono ragionevoli motivi per credere che il generale e presidente ad interim Min Aung Hlaing abbia responsabilità penale per crimini contro l'umanità», ha dichiarato Khan.

Altre richieste di incriminazione seguiranno per membri della giunta, ha detto l'ufficio del procuratore.

Da quasi cinque anni la Corte dell'Aja sta indagando sui crimini commessi nei confronti dei Rohingya, in gran parte profughi nel vicino Bangladesh provenienti dallo stato birmano del Rakhine.

La minoranza musulmana è sempre stata discriminata in Myanmar, ma la situazione è peggiorata dopo il colpo di stato militare che ha messo fine al decennio di democrazia il primo febbraio 2021.

Le autorità del Myanmar non hanno finora reagito alla notizia. Esultano invece i rappresentanti delle organizzazioni per i Rohingya e gli esponenti del governo ombra di unità nazionale.

«La richiesta del procuratore della Cpi segna una svolta nella storia del Myanmar - ha detto il ministro degli Esteri ombra, Zin Mar Aung -. Deve essere ritenuto pienamente responsabile di ogni vita innocente che ha distrutto». «Sotto la sua autorità, i militari hanno ucciso migliaia di Rohingya e costretto innumerevoli donne e ragazzi a orribili atti di violenza sessuale», ha denunciato Mohammed Zubair, ricercatore ed rifugiato Rohingya in Bangladesh. «Questo è uno dei pochi giorni da celebrare per i Rohingya - ha detto Tun Khin, presidente dell'organizzazione britannica dei Rohingya birmani -. Per decenni la comunità internazionale ha consentito ai militari del Myanmar di violare la legge internazionale contro le minoranze etniche e religiose».

La guerra nel Rakhine e la carestia come arma

Un rapporto del Programma dell'Onu per lo sviluppo (Undp), diffuso venti giorni fa, accusa la giunta al potere dal febbraio 2021 di affamare deliberatamente i 2 milioni di persone che vivono nello Stato di Rakhine. La carestia diffusa, destinata ad aggravarsi, si inserisce nel quadro del feroce conflitto in corso, del crollo della produzione di riso e del reddito, nonché delle restrizioni commerciali imposte dai militari. I prezzi di prodotti alimentari essenziali, come riso e olio, sono aumentati di dieci volte. «Molte delle famiglie che abbiamo intervistato stanno tagliando le razioni a un solo pasto al giorno, alcune anche di meno», ha riferito Kanni Wignaraja, direttore regionale dell'Undp.

La ricerca rivela che nel Rakhine 1,4 milioni di persone hanno visto il proprio reddito mensile precipitare da 31,70 dollari a 22,21. Un introito appena sufficiente ad acquistare riso, senza nemmeno considerare le spese per l'abitazione, i trasporti e la salute.

Gli scontri violenti nel Rakhine, al confine tra Myanmar e Bangladesh, tra l'esercito regolare e i l'Esercito di Arakan, un gruppo separatista anch'esso accusato di prendere di mira i Rohingya, sono riesplosi alla fine del 2023.

Il rapporto dell'Undp denuncia che le restrizioni messe in atto dall'esercito mirano «a isolare Rakhine dal resto del Paese e a esigere una punizione collettiva su una popolazione già vulnerabile». Il capo della giunta ha respinto le accuse, addossando all'Esercito di Arakan l'intera responsabilità di «aver distrutto la vita socio-economica dei residenti, l'istruzione e il settore sanitario».

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