La svolta drammatica, con molti dettagli non chiari, sembra la più grande crisi interna che Putin abbia mai dovuto affrontare. Il Wagner Group è infatti una creatura del presidente russo, tanto da essere considerato il suo esercito personale. Il rischio di uno scontro armato interno è altissimo. A Grozny sono già in preallarme i battaglioni del despota ceceno Kadyrov, altro uomo di fiducia di Putin, che attende di decidere da che parte stare. A questo punto non si tratta di schierarsi contro Prigozhin, ma con Putin o contro Putin.
L'ammutinamento è una "pugnalata alle spalle", ha detto il leader russo questa mattina: "È un colpo alla Russia, al nostro popolo”. Il capo del Wagner ha detto di avere a disposizione 25.000 combattenti che avrebbero "ristabilito la giustizia". Molti sono reduci da Bakhmut, conquistata dalla Russia grazie proprio ai wagneriti ma che ora rischia di tornare in mano Ucraina. Kiev infatti starebbe approfittando delle notizie dalla Russia per assestare i primi colpi all’esercito di Mosca che sul terreno potrebbe franare su alcune prime linee proprio a causa del caos innescato dal “tradimento” di Prigozhin.
Per il sistema di potere di Putin si tratta del più grave colpo subito da quando l’ex agente del Kgb è diventato presidente, nel 1999. La presenza internazionale di Mosca è ovunque garantita dalla milizia Wagner, in Paesi come Siria, Libia o in Sudan. Gli “omini verdi”, come vengono definiti dagli addetti ai lavori, sono presenti in almeno 32 Paesi del mondo ed è difficile ipotizzare che il loro capo decidendo di attaccare frontalmente il vertice dell’esercito regolare russo non abbia fatto i dovuti conti sulle ripercussioni nel mondo. Una decisione che , comunque andrà a finire questa storia, indebolisce il peso della Russia sullo scenario globale. Molti leader locali, infatti, vedevano nei Wagner i diretti emissari di Vladimir Putin, ma da ieri notte non è più così.
Il paradosso tipicamente russo è che ci voleva un criminale con la coscienza non meno pulita di Putin per gettare una bomba nello stagno e offrire alla dissidenza (che Prigozhin stesso ha sempre contribuito a soffocare) un’opportunità. Mikhail Khodorkovsky, nemico giurato del presidente russo ed esiliato all’estero, ha esortato i russi a sostenere il capo della milizia Wagner. "Dobbiamo aiutare ora e poi, se necessario, combatteremo anche costui", esorta Khodorkovsky, un tempo l'oligarca più ricco, che ha poi trascorso 10 anni nelle prigioni russe prima di riparare a Londra. A questo punto, è importante sostenere "anche il diavolo, se decide di affrontare il Cremlino. E sì, questo è solo l'inizio".
A Rostov sul Don, "il lavoro degli organi di governo civili e militari è stato di fatto bloccato", ha ammesso Putin. Per la guerra contro l’Ucraina si tratta di un punto di svolta. E’ presto per affermare che si sia davanti alla concreta possibilità che il conflitto si esaurisca in tempi più brevi del previsto. Da Rostov partono infatti i rifornimenti per le forze di invasione nel Sud del Donbass e in direzione di città come Mariupol. Paralizzare questo flusso, senza che la compagnia Wagner incontri una marcata resistenza, significa anche gettare nel panico i soldati russi in prima linea e le forze di occupazione che non avrebbero più alcuna certezza di un sostegno di uomini e mezzi alle loro spalle.