Sono 150mila gli italiani che hanno aderito alla mobilitazione italiana lanciata da Italians for Darfur e sostenuta da Avvenire. E in questi giorni si è aggiunta anche la voce del presidente Napolitano.
“Sono particolarmente riconoscente all’Italia per il grande coinvolgimento nella campagna internazionale per la liberazione di Meriam”. Questo il commento di Daniel Wani, marito della giovane condannata a morte per apostasia in Sudan quando ha saputo delle oltre 150 mila adesioni alla mobilitazione lanciata il 15 maggio da ‘Italians for Darfur’ organizzazione che dal 2006 si batte per i diritti
umani in Sudan.
“Seguivamo il caso da febbraio - ricorda Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, in contatto diretto con Daniel e gli avvocati del Sudan justice center - ma c’era stato chiesto di non divulgarlo prima che si esprimesse la Corte. Si sperava che la vicenda potesse concludersi positivamente e che fosse archiviata. Ma quello che si credeva fosse solo un malinteso ingigantito da incomprensioni tra familiari si è invece concluso come mai avemmo voluto. Per questo poche ore dopo la condanna avevamo già avviato una petizione per chiederne l’annullamento e la liberazione di Meriam, che pochi giorni fa ha partorito in carcere il secondo figlio e con un altro figlio di soli 20 mesi, anche lui costretto tra le sbarre“.
“A meno di un mese abbiamo raccolto decine di migliaia di firme e l’adesione di personalità importanti come il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il ministro degli Esteri Federica Mogherini e, soprattutto, il presidente della Repubblica Napolitano spiega Antonella Napoli -. Ma un ringraziamento particolare lo rivolgo ad Avvenire, al direttore Tarquinio e ai colleghi che stanno seguendo la vicenda e hanno rilanciato la nostra campagna. Insieme abbiamo raggiunto le 150mila tra firme elettroniche, mail e lettere di cui una parte già recapitate all’Ambasciata del Sudan in Italia".
“Nelle ultime ore non sono mancati segnali positivi - conclude Antonella Napoli - il ministro degli Esteri, in un incontro pubblico, ha affermato che una soluzione è possibile e pur ribadendo che il governo non può intervenire direttamente, perché il potere giudiziario è un potere sovrano”.