L'Italia è pronta a guidare la
missione in Libia. E il livello di pianificazione delle
operazioni "è a un livello molto avanzato". Tanto che a Roma,
come ha scritto il Wall Street Journal citando fonti Usa, è già stato
creato il centro di coordinamento alleato. Ma prima di qualsiasi
azione, è il paletto dell'Italia, serve che si formi un governo
nel Paese nordafricano.
Serve un governo libico
"L'Italia è un Paese guida su questo dossier ma la priorità è
formare un governo in Libia", ha sottolineato Renzi qualche giorno fa.
"Abbiamo rapporto molto solidi con gli Usa, sono i nostri
principali alleati, e con loro condividiamo il giudizio che
prima di una missione vadano fatti tutti i tentativi per formare
un governo. Abbiamo visto cosa è accaduto quando i francesi e
gli inglesi sono intervenuti senza un quadro di governo
stabile", ha aggiunto Renzi ricordando l'intervento contro
Gheddafi nel 2011.
Quale impegno per l'Italia?
Il quadro è ancora da definire, ma già una
cinquantina di incursori del Col Moschin sono in partenza. Andranno a rafforzare la pattuglia di forze speciali già presente sulla costa sud del Mediterraneo da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. In ogni caso i nostri
servizi segreti sono già attivi in Libia da tempo, ma questa non è certo una novità. Al Col Moschin si aggiungeranno poi, secondo indiscrezioni, almeno
3.000 militari. In campo ci saranno, come al solito il reggimento
San Marco e il
Tuscania.
Le condizioni politiche necessarie
Perché l'intervento militare si concretizzi occorrono però due condizioni.
Prima condizione: la formazione di
un governo libico di unità nazionale in grado di chiedere formalmente un intervento straniero per riportare l'ordine nel Paese minacciato dal terrorismo.
Seconda condizione: l'autorizzazione del Parlamento italiano
Il decreto segreto di Renzi
Le modalità di impegno operativo è gia stato in qualche modo definito da un decreto adottato dal presidente del Consiglio il 10 febbraio. Un atto in 5 punti, secretato. Di questo si è parlato nei giorni scorsi anche col presidente della Repubblica nel corso del Consiglio supremo di difesa.
Un centro di coordinamento della coalizione a Roma
I militari Usa e gli alleati, inclusi Francia e
Gran Bretagna, "hanno creato un Centro di coordinamento della
Coalizione a Roma" e "da mesi" preparano un piano per un secondo
intervento in Libia, ha rivelato il generale Donald Bolduc,
comandante delle Forze speciali Usa in Africa, citato dal Wall
Street Journal.
Londra e Berlino hanno intanto deciso di spedire propri
soldati in Tunisia per contribuire al controllo della frontiera
con la Libia e addestrare militari libici in chiave anti-Isis.
Un'attività che le forze speciali francesi, britanniche e
statunitensi già fanno in Libia, a Bengasi e Misurata,
assicurano da giorni numerose fonti, anche occidentali, senza
che ci siano conferme ufficiali dalle cancellerie europee o da
Washington. Secondo altre testimonianze, militari stranieri
sarebbero già presenti anche a Tripoli.
In attesa del governo di Tobruk
Ma gli occhi della comunità internazionale sono puntati
soprattutto su Tobruk, dove ancora non è stata data luce verde
al governo di unità nazionale presieduto da Fayez al Sarraj, al
quale si oppongono diversi attori, tra i quali soprattutto il
generale Khalifa Haftar, grande protetto dell'Egitto.
L'autorevole quotidiano egiziano al Ahram, citando sue fonti,
afferma che al Cairo "sono in corso negoziati informali" tra le
parti libiche per arrivare a una intesa di mediazione "che porti
alla nascita di un consiglio presidenziale guidato da Sarraj,
due vicepresidenti e due ministri di Stato affiancati dal
ministro della Difesa", in rappresentanza delle istanze
regionali e politiche libiche. In questo quadro, afferma il
quotidiano, "Haftar resterà a capo dell'Esercito, ma senza
incarico nel governo".
Il generale è però costretto a digerire il mancato annuncio
della vittoria a Bengasi, che sarebbe dovuto arrivare in queste
ore.