Il preidemnte regionale catalano Carles Puigdemont (Ansa)
Dopo l’approvazione, al termine di una seduta convulsa del Parlament catalano, della legge che indice il referendum secessionista del primo ottobre, e nella notte delle norme che verrebbero applicate nelle ore successive al "sì" alla secessione dalla Spagna, la reazione delle autorità di Madrid sono state, come previsto, immediate. Il governo ha inviato al tribunale costituzionale quattro richieste di intervento, che probabilmente saranno accettate già oggi: questo atto renderà esplicita e giuridicamente confermata l’illegalità del referendum. La Spagna punta così a rendere impraticabile il referendum, denunciando all’autorità giudiziaria tutti coloro che collaborano al progetto di disobbedienza alla Costituzione, e spingendo le amministrazioni comunali a non mettere a disposizione le sedi e gli strumenti abitualmente utilizzati nelle occasioni elettorali. L’intervento più deciso è stato annunciato dal procuratore generale dello Stato, José Manuel Maza, che ha impartito, con l’appoggio di tutte le procure catalane (il che non è certo secondario), l’ordine alle forze di polizia (compresi i Mossos che dipendono dalla Generalitat de Catalunya) di indagare tutti gli atti secessionisti e ha affermato che prevede di emanare «gli ordini opportuni per sequestrare i documenti e gli strumenti destinati a preparare o celebrare il referendum illegale».
Maza ha annunciato denunce penali contro il presidente Carles Puigdemont e il governo catalano per disobbedienza, abuso di potere e malversazione di denaro pubblico. La procura denuncerà anche i membri della presidenza del Parlament che hanno messo ai voti la legge sul referendum del 1° ottobre. Il tema dell’esecuzione delle direttive dello Stato contro i secessionisti diventerà, nelle prossime tre settimane, quello decisivo. Mariano Rajoy, per ora, si è fermato ad affermare l’esigenza che la sovranità dello Stato e le norme della costituzione devono essere rispettati, demandando alle autorità giudiziarie il compito di realizzare questo obiettivo. Maza ha annunciato denunce penali contro il presidente Carles Puigdemont e il governo catalano per la firma del referendum «illegale » di indipendenza del primo ottobre. È evidente che il governo vorrebbe evitare di ricorrere a misure estreme, sia per evitare di rendere irrisolvibili le contrapposizioni con la Catalogna, sia per non creare un clima di esasperazione che avrebbe anche effetti sulla credibilità economica che la Spagna ha recuperato proprio durante i governi del Partido popular. È difficile, però, evitare passaggi traumatici: i secessionisti si sono bruciati i ponti alle spalle, dopo aver indetto il referendum hanno presentato ieri una legge di «disconnessione» che dovrebbe regolare nella fase immediatamente successiva al referendum la vita della «repubblica catalana».
Tra pochi giorni si celebrerà la «diada» catalana, che ogni 11 settembre raduna la popolazione per affermare l’autonomia della regione e che questa volta assumerà il carattere di manifestazione di massa a sostegno della secessione. In quel clima eccitato, le azioni delle autorità spagnole saranno demonizzate e, almeno secondo l’ala più radicale del secessionismo, contestate con sollevazioni popolari. Come reagiranno i sindaci alla proibizione di fornire le sedi per il referendum (che la generalitat ha chiesto di garantire invece in 48 ore)? I Mossos, che per quanto dipendenti dalla generalitat hanno l’obbligo di far rispettare le leggi dello Stato spagnolo, eseguiranno le direttive delle procure o obbediranno ai secessionisti? A queste domande non si può dare oggi una risposta, ma è evidente che la contrapposizione frontale è destinata ad acuirsi nei prossimi giorni. Sarà un miracolo se la contesa, si fermerà alle carte bollate come spera Rajoy e, sotto sotto, anche l’ala moderata del separatismo che altrimenti rischia di farsi inghiottire in un movimento rivoltoso inevitabilmente egemonizzato dagli estremisti.