È di almeno 24 nuovi morti accertati il bilancio delle violenze proseguite anche oggi in Siria, dove furibondi combattimenti tra truppe governative e insorti sono divampati nelle due principali città del Paese, Damasco e Aleppo, nel nord. Lo ha riferito l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione dell'opposizione in esilio con sede in Gran Bretagna, secondo cui erano semplici civili la metà delle vittime, dodici, sette delle quali uccise nella sola capitale, per lo più dai tiri dei cecchini lealisti.A Damasco, dove la situazione resta molto tesa, il traffico è fluido e durante la notte nel centro non si sono sentiti i rumori di bombardamenti. Secondo l'Osservatorio però due quartieri alla periferia sud, Qadam e Assali, sono stati durante la notte sotto le bombe dell'esercito. In risposta alla "battaglia di liberazione" di Damasco l'esercito ha lanciato una controffensiva che gli ha permesso di riprendere il controllo del quartiere di al-Midan dopo violenti combattimenti. Secondo l'Osservatorio l'esercito è penetrato nei quartieri di Jobar (est) et di Kafar Susse (sud-ovest).I Comitati di coordinamento locale, un gruppo di opposizione in Siria, ha riferito inoltre che è in corso un "esodo" di civili da Aleppo, la capitale economica del Paese, per il timore che l'esercito scateni un'offensiva su larga scala. Finora Aleppo, come Damasco, era stata solo marginalmente interessata dalle violenze che invece erano dilagate in altre città siriane come Homs, Hama e Daraa. Gli unici episodi di protesta contro il governo si erano registrati all'Università, ma non erano sfociati in scontri armati.
Lo spettro delle armi chimiche. Il regime di Bashar al-Assad "ha cominciato a spostare dai magazzini a siti nuovi le sue scorte di armi chimiche, e a redistribuirle sul territorio per prepararsi a utilizzarle": lo ha denunciato il generale Mustafa al-Sheikh, capo del Consiglio Militare del Libero Esercito Siriano, il braccio armato dell'opposizione costituito da disertori. "Vogliono bruciare il Paese", ha proseguito Sheikh, già membro del Comando Settentrionale dell'Esercito lealista, riparato in Turchia lo scorso gennaio.Un allarme che viene preso sul serio dagli Stati Uniti che monitorano i depositi di armi chimiche della Siria e sono al riguardo in "consultazioni attive" con i paesi vicini sottolineando l'importanza nel garantire la sicurezza di tali armi. "Riteniamo che le armi chimiche restino al momeno sotto il controllo del governo siriano ma data l'escalation di violenza restiamo molto preoccupati" afferma la Casa Bianca, sottolineando che oltre a monitorare "siamo impegnati in consultazioni attive con i paesi vicini alla Siria, per mettere in evidenza la nostra comune preoccupazione sulla sicurezza di queste armi e l'obbligo del governo siriano digarantirla".
L’allarme di al-Maliki. Il primo ministro iracheno Nuri al Maliki ha affermato che "bande di criminali" sono all'opera in Siria simili a quei "gruppi terroristi che hanno minato la sicurezza in Iraq negli ultimi anni", e ha chiesto all'Onu di "proteggere i cittadini iracheni in collaborazione con le autorità siriane e facilitarne il rientro in patria".Centinaia di migliaia di iracheni hanno cercano negli anni scorsi rifugio in Siria dalle violenze tra sciiti e sunniti, che hanno coinvolto anche i cristiani, e dalle violenze e attentati commessi da Al Qaida, che ha fatto dell'Iraq uno dei suoi bastioni dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Secondo il portavoce del governo iracheno, Ali al Dabbagh, sono tra i 150 e i 200mila gli iracheni presenti in Siria. Ventitrè di loro, tra i quali due giornalisti, sono stati uccisi nelle violenze dei giorni scorsi. Maliki ha chiesto a tutti i connazionali di rientrare in Iraq, assicurando che gli oppositori che non si siano macchiati di reati di sangue non devono temere nulla dalla giustizia di Baghdad.