Lo strazio dei parenti delle vittime dell'incendio di una fabbrica a New Delhi (Ansa) - (Ansa)
Sono stati fermati dalla polizia di New Delhi, in attesa di accertamenti, il proprietario e un manager della fabbrica dove domenica mattina 43 lavoratori sono morti per l'incendio più grave e letale degli ultimi 20 anni. Le fiamme sono divampate all'alba nell'edificio a quattro piani, accatastato come residenziale ma trasformato abusivamente in fabbrica, dove oltre 100 lavoratori dormivano, in una zona residenziale della città. La fabbrica, che produce cartelle, cancelleria e giocattoli, era piena di materiale combustibile come carta, plastica e cartone e le fiamme sono state domate con grande difficoltà.
L'edificio andato a fuoco (Ansa) - (Ansa)
Gli operai lavoravano per un salario di due dollari al giorno e dormivano nello stesso luogo, usando le stanze anche come cucina. Quindi nei locali c'erano fornelli e bombole di gas. I pompieri hanno dovuto faticare per farsi strada in un quartiere congestionato, azionando le pompe d'acqua da una distanza di 100 metri. Quasi tutte le vittime sono asfissiate, tranne 5 persone, morte bruciate. Un testimone ha addirittura parlato di porte sbarrate con un lucchetto, situazione molto comune che ha impedito agli operai di mettersi in salvo. Di certo l'edificio aveva una sola uscita e un impianto di ventilazione insufficiente.
L'edificio andato a fuoco (Ansa) - (Ansa)
Le autorità municipali cercano di controllare l'illegalità diffusa nelle fabbriche, con ispezioni nelle fabbriche e le verifiche sulla regolarità degli edifici per quanto riguarda la sicurezza e i dispositivi antincendio, ma in una città di 28 milioni di abitanti è una lotta ad armi impari. Così tragedie come quella di domenica accadono di frequente. Aggravate anche dal fatto che gli operai non sono assunti regolarmente e vengono pagati pochissimo; arrivano da villaggi lontani ma non possono permettersi di affittare una stanza e quindi dormono negli stessi locali in cui lavorano.
Lo strazio dei parenti delle vittime dell'incendio di una fabbrica a New Delhi (Ansa) - (Ansa)
Le autorità di Delhi hanno promesso una compensazione di 1 milione di rupie per le famiglie delle vittime, l'equivalente di 12mila euro.
Dopo la strage, la manifestazione contro l'insicurezza nel lavoro (Ansa) - (Ansa)
Oggi nel quartiere in cui si è consumata la tragedia c'è stata una manifestazione di protesta degli operai contro le condizioni precarie e insicure di lavoro. Il Comune di Delhi l'anno scorso ha censito 30mila edifici residenziali trasformati illegalmente in fabbriche o centri commerciali, in barba alle più elementari norme di sicurezza. Quattro volte di più di quelli regolari.
La sezione italiana della Campagna internazionale Abiti puliti (Clean Clothes Campaign), che riunisce ong internazionali impegnate per i diritti dei lavoratori, in una nota ha scritto: "Ancora una volta ci troviamo a dover denunciare l'esigenza di norme trasparenti ed efficaci per la sicurezza degli edifici e le pratiche
antincendio. Il governo ha annunciato alcune misure di risarcimento, ma bisogna subito lavorare per garantire pieno accesso alla giustizia per le vittime e i loro familiari".
Gli attivisti denunciano ancora: "Palesi violazioni della sicurezza hanno impedito alle persone di fuggire e mettersi in salvo. Secondo quanto riferito, una delle due scale dell'edificio era bloccata dai prodotti accatastati, le finestre erano sbarrate e l'unica uscita accessibile era bloccata. Funzionari hanno riferito che lo stabilimento non disponeva di alcuna licenza di sicurezza e molte fonti sostengono che operasse nella completa illegalità. Per di più, le strette vie in cui si trova l'edificio hanno ulteriormente ostacolato le operazioni di salvataggio".
Disastri come questo, si legge ancora nella nota, "mostrano l'urgente necessità di applicare norme antincendio e di sicurezza degli edifici in maniera trasparente e credibile. I sistemi di ispezione esistenti, compreso l'utilizzo di società di certificazione sociale, pagate dalle multinazionali per controllare le fabbriche di loro fornitori, finora non sono riusciti a migliorare strutturalmente la sicurezza degli stabilimenti".
Come ricorda la Campagna Abiti puliti, il governo di Delhi ha annunciato lo stanziamento di circa 12.700 euro di risarcimento per le vittime del rogo e 1.270 euro per le spese mediche per i lavoratori feriti. Inoltre si è impegnato a pagare l'equivalente di 2.500 euro alle famiglie delle vittime e 635 euro a quelle dei feriti. Un'iniziativa che secondo gli attivisti "è lodevole ma non sufficiente. Gli indennizzi dovrebbero coprire le esigenze a lungo termine delle famiglie - tenendo conto della perdita di reddito e delle spese mediche - come stabilito nella Convenzione 121 dell'Organizzazione internazionale del lavoro in tema di risarcimenti in caso di infortuni sul lavoro. Inoltre, gli accordi dovrebbero tenere conto del dolore e della sofferenza subita dai lavoratori e dai loro familiari".
I difensori dei diritti dei lavoratori proseguono evidenziando che "non è ancora chiaro se la fabbrica indiana stesse producendo per l'esportazione o per il crescente mercato interno. In ogni caso, chiunque abbia effettuato degli ordini in quella fabbrica dovrebbe assumersi la responsabilità di risarcire le vittime che stavano realizzando i loro prodotti".
Gli attivisti si chiedono inoltre "come mai quelle persone stessero dormendo nella fabbrica, per di più durante il fine settimana e con la produzione ferma. Non potevano permettersi i costi di un alloggio o del trasporto?". Alla luce di questi interrogativi "si apre anche una questione relativa ai salari dignitosi dei lavoratori, in particolare di quelli più vulnerabili come i migranti".
Infine, il comunicato si chiude sollecitando "ulteriori passi per garantire giustizia dei lavoratori e qualcosa sembra essersi già messo in moto. Il governo di Delhi ha ordinato un'inchiesta giudiziaria e sono state presentate accuse contro il proprietario dell'edificio. Questa tragedia dovrebbe essere un'occasione per porre fine all'impunità di chi gioca con la vita dei lavoratori, gestendo luoghi di lavoro illegali e insicuri".