Lo stabilimento Samsung di Sriperumbudur, in India, dove per quasi un mese i lavoratori hanno scioperato chiedendo salari più alti - Reuters
Dopo un braccio di ferro con la direzione durato cinque settimane, lo sciopero dei lavoratori Samsung Electronics nello stabilimento indiano di Sriperumbudur, in India, si è concluso. Ad annunciarlo, martedì scorso, sono stati gli stessi operai, tramite l’organizzazione sindacale nazionale CITU (Centre of Indian Trade Unions) che li aveva guidati nella protesta.
Tutto era iniziato lo scorso 9 settembre, quando in 1.500 avevano incrociato le braccia per una prima volta, grave e storica nella fabbrica alla periferia di Chennai, sud del Paese, dove la produzione non si era mai fermata dal 2007. Quello nello stato del Tamil Nadu è un distretto piccolo rispetto al gemello di Noida, focalizzato principalmente sulla produzione di lavatrici, tv e frigoriferi. Ma il suo fermo in poche ore aveva fatto scendere le azioni del colosso sudcoreano dell’1,9%.
E a più di dieci giorni dall’inizio dell’agitazione, la grande tenda presidiava ancora i cancelli dove centinaia di dimostranti si erano accampati per ripararsi dal sole, chiedendo paghe più alte delle consuete 25mila rupie - circa 300 dollari - mensili, orari migliori e il riconoscimento di una nuova rappresentanza sindacale, il Samsung India Labour Welfare Union.
Le due fabbriche in India contribuiscono a quasi il 30% del fatturato globale da 12 miliardi totalizzato ogni anno da Samsung
Lo sciopero non poteva cominciare in un momento peggiore. Poco prima della stagione festiva locale, quando i ritmi sono serrati e i consumatori disposti a spendere di più. Senza dimenticare che, per Samsung, l’India è un mercato tanto interessante quanto necessario, perché con le sue due fabbriche “sorelle” contribuisce a quasi il 30% del fatturato globale da 12 miliardi totalizzato ogni anno dalla company. La visita del capoarea J.B. Park e la promessa di una soluzione tempestiva non erano bastati a sedare gi animi. Ma a fare più paura dei picchetti erano i cappellini rossi distribuiti dal sindacato, con la scritta CITU.
Il segno dell’infiltrazione più temuta dalla dirigenza, quella cioè della sigla nata negli anni’70 e sostenuta dal principale, più estremo, partito politico di sinistra del Paese. Che conta oltre sei milioni e mezzo di iscritti e ha fatto delle battaglie per gli aumenti salariali vere e proprie crociate. I lavoratori di Chennai l’hanno preferita al sindacato autonomo del settore per far sentire più forte la loro voce e cercare di farla arrivare fino ai centri del potere nazionale.
Reuters
A Sriperumbudur non si era mai visto niente del genere. Nonostante, da tempo, siano evidenti i contrasti di una filiera che cresce, ma nella quale le tutele sembrano carenti. «Gli stipendi non aumentano da anni, né le aziende si impegnano a trattare sul tema» denuncia il segretario CITU nel Tamil Nadu S. Kannan, mentre gli economisti puntano il dito contro il governo reo di non garantire salari adeguati ai lavoratori indiani impiegati dalle multinazionali. Sotto accusa ci sono però anche il primo ministro Narendra Modi e il suo piano per attrarre investitori stranieri nel comparto elettronica, che così rischia di trasformare l’imperativo “Make in India” in un incentivo allo sfruttamento di manodopera a basso costo.
Il 16 settembre lo Stato, sollecitato dall’urgenza di preservare una realtà multinazionale preziosa sul territorio, non aveva perso tempo a far arrestare ben 104 fra lavoratori e leader sindacali, per aver tentato una marcia non autorizzata a sostegno della protesta. Richiudendoli persino nelle sale da matrimoni dopo aver saturato le stazioni di polizia.
Poi nessuno sviluppo fino ai giorni scorsi, quando i vertici di Samsung avevano cercato l’accordo proponendo una serie di benefit per gli operai, fra cui, secondo Reuters, un incentivo mensile di 5mila rupie (l’equivalente di 60 dollari) fino a marzo e una carta regalo da 24 dollari per ogni nuovo figlio. Proposte rigettate da CITU, la quale ha invece firmato con Samsung un altro accordo dai termini ancora segreti ma che fanno ben sperare. Nell'ultimo incontro con i rappresentanti, infatti, i lavoratori avevano ottenuto rassicurazioni su gran parte delle rivendicazioni (a eccezione della registrazione del Samsung India Labour Welfare Union che finirà al Tribunale del Lavoro). Inoltre, si legge nel comunicato diffuso dall’azienda poco dopo, i lavoratori «che hanno soltanto partecipato allo sciopero non verranno penalizzati».