Il Colosseo illuminato contro la pena di morte - Ansa
Il simbolo di un pollice luminoso che ognuno agita in aria. Davanti, il Colosseo inizialmente al buio e poi di colpo colorato di luci per dire no alla pena di morte. Per gridare con forza che il momento è ora. È il momento di schierarsi con la vita. E lo si fa proprio forte delle «buone notizie» che vengono da anni di impegno contro la pena capitale.
Ad oggi, infatti, in 143 Paesi il boia non lavora più, in particolare negli ultimi anni 10 Stati americani e 5 in Africa hanno scelto di non eseguire più pene capitali.
Quella di Roma è solo la prima tappa del movimento “Città per la vita, Città contro la Pena di Morte”, l’iniziativa portata avanti dalla Comunità di Sant’Egidio per chiedere l’abolizione della pena di morte nel mondo.
Cresce il fronte delle nazioni che hanno scelto di dire «no»
143
i Paesi che hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica
14
637
le esecuzioni messe in atto nel mondo al 30 settembre, nel 2021 erano state 576
Proprio nel giorno in cui nel 1786 venne abolita per la prima volta la pena di morte in uno Stato, il Granducato di Toscana, dal piccolo palco allestito di fronte al Colosseo arriva un appello forte fatto dal responsabile della comunità trasteverina, Marco Impagliazzo. «Il nostro appello è rivolto al presidente americano Joe Biden, gli chiediamo di assumere la guida morale per commutare la pena a tutti quelli che si trovano oggi nel braccio della morte negli Stati Uniti. Gli chiediamo di guidare una moratoria delle esecuzioni, affinché poi si possa immaginare anche di abolire la pena capitale a livello federale».
Il ministro Tajani al Colosseo sul palco con Marco Impagliazzo - Ansa
Dimentichiamo troppo spesso che il Continente europeo è l’unico ad essere totalmente abolizionista sulla pena capitale. A ricordarlo il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, insieme al fatto che «l’Europa è una comunità di valori che mette al centro la persona e i suoi diritti, per questo possiamo dirci fieri di essere europei». Il punto centrale da cui partire è che «essere contro la pena di morte non significa essere lassisti oppure non credere nella certezza della pena», continua il responsabile della Farnesina, ma essere contro la pena di morte significa permettere a chi ha sbagliato di «pentirsi e di essere utile agli altri», è una «questione di civiltà, deve esserci sempre un diritto al riscatto».
Le amicizie di penna con gli ergastolani in questi anni portate avanti dai volontari della Comunità di Sant’Egidio confermano che tanti innocenti o pentiti potrebbero finire sulla sedia elettrica. Come Herman Lindsey, ex detenuto per tre anni nel braccio della morte in Florida poi dichiarato innocente. Le manifestazioni per la vita, aggiunge Impagliazzo, «sono un potente segnale rispetto alla logica della punizione e della vendetta e per dimostrare che la pena di morte non dà giustizia ma perpetua la logica dell’odio, così come la guerra non risolve le questioni ma aumenta le contese internazionali».
Un messaggio che anche l’assessora all’Ambiente Sabrina Alfonsi, in rappresentanza del Campidoglio, ha voluto sottolineare per dire che «Roma si schiera per la vita e si batte per i diritti di tutti nel mondo. La pena di morte è una punizione disumana e ingiusta, speriamo non venga applicata più. Roma c’è».
E anche i giovani di European for peace ci sono. Lo ribadisce Agnese con le sue parole: «Questa lotta non può interessare solo i governati, ma deve coinvolgere tutti. Il momento è ora, per questo diciamo sì alla vita e no alla pena di morte».