sabato 7 ottobre 2017
Nave del Moas in Bangladesh. Allarme Onu: «Altro esodo in arrivo». Ora 81mila fuoriusciti sono a rischio fame. Le Nazioni Unite: servono 84 miliardi di dollari per i prossimi sei mesi
Profughi Rohingya in attesa all’ingresso del campo Kutupalong (Cox's Bazar) n Bangladesh: il loro numero, secondo l’Onu, ha superato il mezzo milione (Ansa)

Profughi Rohingya in attesa all’ingresso del campo Kutupalong (Cox's Bazar) n Bangladesh: il loro numero, secondo l’Onu, ha superato il mezzo milione (Ansa)

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A migliaia i Rohingya in fuga dal Myanmar continuano a attraversare la frontiera con il Bangladesh. Sebbene ridotta, la violenza è tutt’altro che sedata nello Stato birmano di Rakhine e le testimonianza parlano ancora di villaggi dati alle fiamme che si aggiungono ai 400 già colpiti nelle ultime settimane. Sono 515mila i Rohingya arrivati da fine agosto in Bangladesh, che già ne ospitava 600mila, e le Nazioni Unite si preparano ad affrontare un «ulteriore esodo». Non a caso, il governo del Bangladesh ha ieri prospettato la creazione di un unico immenso campo profughi nell’area di Cox’s Bazar per accogliere fino a 800mila individui. Sembra, così, concretizzarsi la pulizia etnica avviata dal 2012 e accelerata dalle iniziative armate dell’Esercito per la salvezza dei Rohingya dell’Arakan.

L’ultimo attacco del 25 agosto ha provocato una ritorsione che ha portato nuova devastazione nelle comunità Rohingya costringendola alla fuga. Ancora ieri Amnesty International ha accusato le forze armate birmane di avere scatenato una campagna «illegale e sproporzionata » contro i Rohingya e Mark Lowcock, sottosegretario Onu per gli Affari umanitari, ha sollecitato le autorità birmane a consentire l’arrivo dei soccorsi nel Rakhine. Oltreconfine è già dramma umanitario. L’Organizzazione mondiale della Sanità sta inviando 900mila dosi di vaccino anticolerico, ma l’emergenza è anche per la denutrizione. Sarebbero 281mila i profughi a rischio fame e di questi 145mila bambini sotto i cinque anni e 50mila donne incinte o impegnate nell’allattamento. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha chiesto un ulteriore contributo urgente di 83,7 milioni di dollari necessari per i prossimi sei mesi.

Proprio per mitigare l’emergenza, si è spostata dal Mediterraneo al Golfo del Bengala la nave Phoenix della Ong internazionale Moas – Migrant Offshore Aid Station – organizzazione con sede a Malta, in Italia e in Germania, impegnata nel soccorso in mare dei migranti. La Phoenix, utilizzata fino allo scorso settembre nel Mediterraneo, è ora in Bangladesh a supporto della prima Moas Aid Station, una clinica medica a Shamlapur, dove arrivano centinaia di Rohingya in cerca dia iuto e cure.

L’obiettivo è di stabilire nell’area di Shamlapur una squadra di dieci medici, tre infermiere e due assistenti che forniranno assistenza medica a terra, ma anche metteranno a disposizione dei profughi bagni e strutture igieniche. Alla stazione semi-permanente, come alle altre che saranno organizzate secondo le necessità, la Phoenix garantirà tende, medicine, cibo e attrezzature.

«La velocità e consistenza con cui i Rohingya stanno arrivando in Bangladesh ha provocato un’emergenza umanitaria gravissima – ha comunicato Regina Catrambone, co-fondatrice di Moas –. Centinaia di migliaia di bambini, donne e uomini vivono in alloggi improvvisati, con accesso minimo o nullo ai servizi igienici e medici. Impossibile restare indifferenti».

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