È una delle più severe smentite alla linea dell’amministrazione Trump, quella che tende a “vaporizzare” l’impatto dei cambiamenti climatici e a minimizzare l’incidenza dell’attività dell’uomo sull’ambiente, la nostra «casa comune» come la definisce papa Francesco nell’enciclica Laudato si’. «Ci sono evidenze che dimostrano come le attività umane, specialmente le emissioni di gas serra, sono le principali responsabili per i cambiamenti climatici rilevati nell’era industriale. Non ci sono altre spiegazioni alternative, non si tratta di cicli naturali che possano spiegare questi cambiamenti climatici».
Una “sentenza” – resa pubblica dal New York Times – destabilizzate perché contenuta in una relazione, completata quest’anno e redatta da scienziati che appartengono a tredici agenzie federali, dalla Nasa alla Noaa (la National Oceanic and Atmospheric Administration). Il rapporto fa parte del National Climate Assessment richiesto dal Congresso americano ogni quattro anni. E che ora attende, dopo essere stato già avallato dall’Accademia Nazionale delle Scienze, l’autorizzazione proprio dell’amministrazione Trump. Il messaggio contenuto nel rapporto, che rischia di imbarazzare fortemente la Casa Bianca è chiarissimo: non c’è dubbio che gli effetti dei cambiamenti climatici sono tangibili già adesso.
Negli ultimi decenni, infatti, le temperature medie in America sono aumentate rapidamente e drasticamente, mai così da 1.500 anni. In particolare, negli ultimi 150 anni si è registrato un aumento di quasi 1,6 gradi Fareneith (0,9 gradi centigradi), con un’accelerazione notevole a partire dal 1980. La comunità scientifica, quindi, mette in guardia dal fatto che attualmente per la fine del secolo è previsto un aumento delle temperature di due gradi centigradi. E sottolinea come anche in presenza di uno stop immediato delle emissioni di gas serra ci sarà comunque un surriscaldamento di almeno 0,30 gradi centigradi.
Tra gli organismi che devono approvare il rapporto entro il 18 agosto vi è l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (Epa), ora guidato da Scott Pruitt, che si è più volte detto scettico sui cambiamenti climatici e le responsabilità dell’uomo. «È la prima volta che un’analisi di questa portata sui cambiamenti climatici emerge in seno all’amministrazione Trump e la comunità scientifica osserverà con molta attenzione come verrà gestita», ha commentato Michael Oppenheimer, professore di geoscienze all’università di Princeton, che non ha partecipato alla stesura del documento. Altri scienziati coinvolti nello studio hanno espresso, in forma anonima al New York Times, il timore che la Casa Bianca possa alterare o sopprimere lo studio. Il rapporto cita le ondate di calore del 203 in Europa e del 2013 in Australia come prove dell’effetto dell’attività umana sulle temperature estreme. Secondo i dati raccolti, tutto il territorio degli Stati Uniti è stato toccato dai cambiamenti climatici e le temperature medie cresceranno fra i 2,8 e i 4,8 gradi entro la fine del secolo a seconda del livello delle future emissioni inquinanti. Particolarmente allarmante è il riscaldamento climatico in Alaska e nell’Artico, che procede due volte più in fretta rispetto alla media globale, con conseguenze sul livello di innalzamento dei mari che pongono a rischio le comunità costiere.