Tiepida a Vienna la vigilia elettorale
L’osservatorio sulla Vienna che cambia, vicino al centro e lontano dalle rotte turistiche, è il mercato di Viktor Adler nel quartiere multietnico di Favoriten e il simbolo delle contraddizioni che attraversano la capitale austriaca a poco più di un mese dalle elezioni europee. Nell’ex quartiere operaio alla periferia sud della capitale, 180mila abitanti (il 10 per cento della popolazione cittadina), metà delle famiglie contano un componente nato all’estero.
E le bancarelle hanno i colori dei prodotti che vengono dai Balcani, dalla Turchia e dall’Estremo oriente. In fila, accanto a casalinghe e pensionati austriaci, donne con il velo su capelli e collo parlano un tedesco perfetto. Sono cittadine austriache di seconda generazione, con genitori originari dell’Europa che legge il Corano, Bosnia e Turchia. Una cartolina del nuovo secolo, eppure anche qui operai e pensionati sono stati sedotti dagli slogan populisti e xenofobi del Fpö, il partito liberale di estrema destra del vicecancelliere Heinz Christian Strache, al governo da un anno mezzo con i popolari conservatori dell’Övp del giovane cancelliere Sebastian Kurz. Qualcosa si è spezzato nel mosaico di austriaci, serbi, croati, turchi e bosniaci cui si sono aggiunti i rifugiati del 2015. L’Austria, 10 milioni di abitanti accolse circa 90mila profughi siriani, iracheni, afgani.
Poi, un anno e mezzo fa, ha eletto la coalizione tra popolari e sovranisti che vuole impedire l’accesso ai nuovi profughi (non aderisce alle redistribuzioni Ue dall’Italia e minaccia di ripristinare il confine al Brennero) e rendere la vita difficile a chi è arrivato. Secondo un rapporto dell’Ong Zara, stanno crescendo gli episodi di razzismo a scuola e tra le forze dell’ordine. Muri in tutto il Paese e metaforicamente anche tra i condomini popolari di Favoriten dove il 40 per cento degli alunni delle medie sono islamici. «La multiculturalità è normale, l’impero austroungarico comprendeva i Paesi islamici», ricorda David Himler. responsabile del centro Caritas di Favoriten della diocesi viennese e nativo del quartiere. Ci sono conflitti?
«Certo, ma dipende se si vogliono risolvere – ribatte Himler –, nel centro per l’integra- zione della Caritas rivolto a famiglie e bambini organizziamo corsi di tedesco per adulti e bambini grazie a fondi diocesani, comunali, governativi ed europei e doposcuola anche per austriaci. I padri musulmani vogliono che le figlie studino fino all’università e i ragazzi vogliono inserirsi nella nostra società con i coetanei. I profughi vogliono sfruttare le opportunità di costruirsi un futuro». Eppure, anche in vista delle tornata europea, la paura dello straniero che attanaglia la ricca Austria viene alimentata dai sovranisti che presidiano con “fake news” e campagne di odio la rete.
A marzo, un sondaggio del settimanale Profil , dava al 69 per cento di consensi l’idea anticostituzionale del ministro degli Interni Herbert Kickl (Fpö) di rinchiudere in carcere senza processo stranieri con la unica colpa di apparire sospetti e minacciosi. «Non è un sentimento razionale – nota allarmato dal suo ufficio nel Graben, Joseph Pumberger, segretario generale dell’influente Azione cattolica – perché Vienna è la capitale più sicura d’Europa come certificano diverse ricerche e una delle 5 più tranquille al mondo. Denunce e arresti sono aumentati. L’economia è solida. Mi chiedo dove portano la chiusura verso islamici e stranieri e gli ostacoli all’integrazione. Temo che il prossimo obiettivo saranno poveri e disoccupati ». La Chiesa cattolica, che tradizionalmente difende poveri e ultimi, è stata oggetto di un attacco senza precedenti.
A dicembre la Caritas ha criticato i tagli alla spesa sociale ed è stata subito accusata dal segretario Fpö Johann Gudenus di gestire un «modello di business a spese dei contribuenti» perché «avida di profitto». A gennaio, addirittura Gerhard Fleischmann, capo della comunicazione della Cancelleria ha twittato una bufala: «La Caritas è una delle 50 più importanti aziende in Austria con 14mila dipendenti, un milione di fatturato e un marketing curato da professionisti».
L’organismo ha replicato che i fondi per i rifugiati rappresentano il 20 per cento del bilancio complessivo e che la maggior parte dei soldi è destinata all’assistenza di anziani e disabili. L’Austria è strategica per l’alleanza sovranista di Salvini e Marine Le Pen, è il modello per spingere a destra i popolari e conquistare la maggioranza nel prossimo Parlamento Europeo. E la Chiesa austriaca, che a marzo ha pure invitato a partecipare al voto in nome dell’integrazione europea, della libertà, della giustizia e della solidarietà, è vista come un ostacolo. Secondo i sondaggi, qualcosa si sta inceppando: l’Övp in un anno e mezzo ha guadagnato tre punti salendo al 34% a scapito dei liberali calati di 4 punti e scesi al 22. I recenti provvedimenti restrittivi verso profughi e integrazione rischiano di trasformarsi in un boomerang perché colpiscono anche gli autoctoni e iniziano a ostacolare il sistema produttivo alla ricerca di manodopera per l’economia in crescita.
E la negazione sovranista dei cambiamenti climatici ha irritato gli agricoltori colpiti da siccità e gelate. I popolari sono più vicini a imprese e problemi ambientali. «E poi c’è l’estremismo – nota Pumberger – perché i liberali hanno radici naziste e anticlericali e sono sostenuti dall’alta borghesia delle Burschenschaften, le confraternite universitarie nazionaliste e pangermaniste da cui provengono molti membri dell’apparato governativo». L’attentatore australiano di Cristchurch, dopo un soggiorno in Austria su cui sta indagando la magistratura, ha elargito una donazione a Martin Sellner, leader di un movimento identitario e xenofobo vicino all’Fpö. Kurz ha imposto a Strache di distanziarsene, ma non ha tranquillizzato i commentatori. Rainer Nowak, 47enne direttore del quotidiano conservatore Die Presse conferma che «la questione dei migranti sarà ancora determinante alle prossime Europee anche perché non c’è collaborazione tra i governi dell’Ue.
Nonostante la chiusura della rotta balcanica l’opinione pubblica non la considera risolta. Mentre la questione ambientale che è importante non è stata colta dai partiti». Nowak ammette che le misure ant-iprofughi potrebbero tracciare un solco con le imprese. Perché Vienna, nonostante la narrazione dei sovranisti, non si ferma. Entro 10 anni avrà 2 milioni di abitanti e un volto sempre più cosmopolita. Ma per crescere, come l’Ue, serve l’integrazione.