Un anno dedicato ai giovani e alla loro «comprensione reciproca», con un’ambiziosa Conferenza mondiale che si propone d’influenzare il modo in cui sono visti i giovani negli «Obiettivi del Millennio». Sono partite ieri alle Nazioni Unite di New York, con discorsi ufficiali e uno spettacolo musicale, le iniziative che faranno dei prossimi mesi, fino all’11 agosto 2011, l’«Anno internazionale della gioventù». Un Anno che intende – nelle dichiarazioni delle agenzie Onu che lo sponsorizzano – promuovere ideali di pace, rispetto dei diritti umani e solidarietà tra generazioni, culture e religioni. Ma che ha suscitato non poche perplessità fra le organizzazioni non governative che difendono i valori della famiglia e della vita.«In un mondo nel quale diversi popoli e tradizioni si avvicinano gli uni agli altri, con contatti sempre più frequenti rispetto al passato, è cruciale che le giovani generazioni imparino come prestare ascolto, immedesimarsi negli altri, riconoscere opinioni divergenti, e siano in grado di risolvere i contrasti»: così ha scritto nel suo messaggio il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, chiedendo un consolidamento degli sforzi «per includere i giovani nelle politiche, nei programmi e nei processi decisionali da cui il loro e il nostro futuro trarranno vantaggio». Le Nazioni Unite si concentreranno anche sull’aumento degli investimenti a favore dei giovani, per migliorare le condizioni di vita e le opportunità del miliardo e 200 milioni di persone fra i 15 e i 24 anni. Obiettivi ineccepibili, soprattutto nel contesto delle privazioni che la crisi economica ha imposto all’87% dei giovani che vivono in Paesi sottosviluppati. Meno trasparente e condivisa è invece una delle iniziative dell’Anno: far ratificare agli Stati una dichiarazione con alcuni princìpi sulla famiglia, l’educazione e la vita non universalmente accettati.I documenti di lavoro per la Conferenza sulla gioventù, in programma dal 23 al 27 agosto a Leòn, in Messico, elencano infatti una seria di «diritti» ad alto tasso di ambiguità. Vi si invoca uno «sviluppo omnicomprensivo per i giovani che include un’educazione umanistica per prepararli ad affrontare sfide etiche e un’educazione alla sessualità». Si legge poi un invito a «garantire il più alto livello di salute fisica e mentale dei giovani tenendo in considerazione contesti di genere e orientamento sessuale» e l’impegno a «fornire accesso universale agli adolescenti alla salute riproduttiva attraverso i più estesi strumenti per la pianificazione familiare, vista come mezzo per ridurre la mortalità materna, le gravidanze indesiderate e contenere il boom della popolazione in alcune aree del mondo».A mettere in allarme molte ong americane è il timore che questo linguaggio – usato in altre occasioni dal Fondo Onu per la popolazione (tra gli organizzatori della conferenza) – finisca per dettare all’Anno un’agenda abortista. Suscita perplessità anche il fatto che il documento non contenga alcun riferimento al ruolo delle famiglie d’origine e che i genitori vengano esplicitamente messi da parte a favore di interventi direttamente rivolti ai giovani. «Non viene citato il diritto universalmente accettato dei genitori di indirizzare i propri figli, come affermato alla Convenzione per i diritti del bambino», spiega il «Catholic family and Human right Institute» di Washington. Quando i gruppi
pro-life hanno cercato di aderire con proprie delegazioni alla conferenza, hanno scoperto che le iscrizioni si erano chiuse ad aprile: prima ancora che molti di loro fossero a conoscenza del summit. Un elemento che suscita ancora più perplessità, anche perché la dichiarazione finale della Conferenza rimbalzerà a fine settembre al Palazzo di Vetro e verrà usata come base per la revisione dei capitoli sui giovani negli «Obiettivi del Millennio».