lunedì 14 agosto 2023
«Avevo seguito un corso e aperto un salone di bellezza. Dopo il bando provo angoscia e rabbia: come ricominciare?»
Donne in fila a Kabul per la distribuzione degli aiuti alimentari

Donne in fila a Kabul per la distribuzione degli aiuti alimentari - Ansa

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Queste lettere dall’Afghanistan sono giunte ad Avvenire tramite Nove onlus, che gestisce progetti di imprenditoria e empowerment femminili. «La chiusura dei saloni di bellezza del luglio scorso – dice Livia Maurizi, coordinatrice della onlus – è l’ennesimo duro colpo all’impiego femminile. I nostri corsi di formazione e di avviamento all’impresa sono una delle poche possibilità di affermazione per le donne afghane».

Nabila ha 30 anni, 4 figli e un marito parzialmente invalido. La suocera vive con loro. «Avevo un lavoro non molto remunerativo, con i guadagni saltuari di mia suocera e mio marito riuscivamo ad andare avanti. Dopo l’arrivo dei taleban la crisi è diventata più grave, io ho perso il mio impiego e quello che entrava non era sufficiente a mantenerci. Mi sono iscritta al corso di estetica di Nove onlus perché pensavo che non sarebbe stato così difficile. Inoltre il corso era intensivo e mi avrebbe permesso di lavorare quasi subito. Noi abbiamo una grande tradizione di cura e di bellezza e i saloni erano un’attività permessa e molto diffusa. Sapevo che avrei dovuto dedicarmi a tempo pieno ma non avevo idea di quanto impegno e sforzo richiedessero. Un conto è avere familiarità con il trucco e le acconciature, un altro è diventare una professionista. Le lezioni di teoria comprendevano una enorme quantità di argomenti da capire e imparare. Il taglio di capelli, le tinte, i disegni con l’henné, la conoscenza delle unghie e della pelle, la scelta dei prodotti, la sanificazione. Abbiamo imparato anche cosa vuol dire gestire un salone. Familiarizzando con il lavoro, alla difficoltà è subentrato l’entusiasmo, non immaginavo quanta soddisfazione potesse dare, mi consentiva di esprimere la mia creatività. Ho scoperto di essere brava nei disegni con l’henné e nelle acconciature. Riuscivo ad inventare composizioni bellissime. Le donne rifiorivano sotto le mie mani, erano belle, luminose, tornavano a vivere. Avevamo di nuovo voglia di guardarci allo specchio. La tristezza e l’oppressione che dal ritorno dei taleban erano diventate la nostra unica compagnia smettevano di torturarci.
Mi sono impegnata con tutta me stessa in questa impresa, consapevole delle rinunce che i miei parenti facevano in quei mesi in cui non potevo contribuire al budget familiare. Ma tutti gli sforzi hanno iniziato presto a ripagare. Ho iniziato a lavorare in casa e dopo poco tempo avevo un buon numero di clienti. Non dovendo sostenere le spese di un salone riuscivo a mantenere prezzi bassi. Stavo iniziando a formare altre donne per aiutarmi quando è arrivata la notizia del divieto. Mi sembrava che una lama mi avesse trafitto l’anima. Non riuscivo quasi a respirare dall’angoscia e dalla rabbia. Non capisco cosa abbiamo fatto per meritare questo accanimento dei taleban. Per perseguitare noi distruggono le nostre famiglie e i nostri figli, in nome di quale futuro? Perdiamo tutti. Spero di avere la forza di ricominciare un’altra volta, ma spesso mi domando dove trovare le risorse.

Samira, 32 anni

Samira ha 32 anni, era una delle tirocinanti dei “Beautification training course” avviati da Nove Onlus con il World Food Programme, per creare nuove opportunità alle donne nonostante le restrizioni del regime talebano. Tutti i familiari di Samira dopo la pandemia erano rimasti senza occupazione, lei era riuscita a trovare lavoro in due saloni di bellezza, il suo reddito era l’unica fonte di sopravvivenza. Con l’arrivo dei talebani aveva perso il lavoro. «Il corso di Nove aveva riacceso le mie speranze, avevo l’opportunità di avviare un’attività in proprio. Avrei potuto aiutare altre donne a lavorare con me». L’estetica era infatti una delle poche attività imprenditoriali ancora percorribili sotto il regime. Dopo la fine del corso Samira è riuscita ad avviare un beauty center in casa. «Questo mi consentiva di limitare le spese e ottimizzare i guadagni. Ero così felice, mi ero impegnata con tutte le mie forze e finalmente si era aperta una nuova possibilità». Poi è arrivato l’ennesimo divieto. “Come me quasi tutte le altre studentesse avevano ricominciato a lavorare, eravamo entusiaste, questa interdizione oltre a vanificare tutti i nostri sforzi, ci ha spezzate psicologicamente!. Mio marito è ancora senza lavoro, ora non sappiamo come riuscire a sopravvivere».

Jamila, 22 anni

Jamila è una ragazza di 22 anni che ha frequentato i corsi di estetica e parrucchiera di Nove onlus per 5 mesi. Ha iniziato anche lei a lavorare subito dopo aver superato l’esame finale. Come la maggior parte dei nuclei afghani, la sua è una famiglia numerosa, composta da 8 persone che si mantengono solo grazie a ciò che guadagnano Jamila e suo fratello. «Non riuscivamo a crederci, e non riusciamo a capire, questa è una vera rovina. La chiusura dei saloni di bellezza non attacca solo le donne ma le famiglie intere. Trovare un lavoro o avviare un’attività con la crisi economica in cui si trova il mio Paese è difficilissimo anche per gli uomini. I saloni di bellezza sono sempre stati una grande fonte di lavoro per le donne afghane. E ora, anche questa attività è stata proibita. È una cosa terribile. Dico quello che vedo: in questi due anni la condizione psicologica delle donne è peggiorata pericolosamente, la maggior parte è preda di depressioni che portano anche al suicidio. I taleban ci hanno tolto tutto: identità, dignità e speranza. Ci hanno derubate del futuro».

Zolikha, 34 anni

Zolikha è una vedova di 34 anni che vive con i suoi 3 figli minorenni in Afghanistan, Ha perso il marito 3 anni fa, vittima di un attentato a Kabul. Zolikha era impiegata in un centro estetico.

«Dopo la morte di mio marito il mio stipendio era l’unica fonte di reddito, ma guadagnavo solo 15.000 AFN al mese. Questi soldi bastavano a malapena a coprire le spese per la sopravvivenza. Facendo molti sforzi ho frequentato il corso di business di Nove onlus, pensavo che con maggiori competenze avrei potuto iniziare un’attività in proprio».
E Zolikha c’è riuscita, dopo il corso di formazione e il tirocinio aveva aperto un suo salone di bellezza. Tra le sue clienti c’erano le spose e tutte le parenti delle spose, che come è tradizione in Afghanistan, per i matrimoni si acconciano e si truccnao come principesse, Gli introiti di Zolikha erano rapidamente cresciuti e lei iniziava a vedere un futuro più roseo per i suoi figli.
Dopo l’annuncio della chiusura dei saloni di bellezza in tutto l’Afghanistan era completamente disorientata, spaventata e impotente. «Adesso non so cosa fare, l’unica cosa che mi tiene in vita è l’amore per i miei figli. So che non dovrò trovare la forza di resistere ma non so cosa posso fare… Devo trovare una soluzione».


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