«La Spagna non ha un soldo in cassa per pagare i servizi pubblici e se la Bce non avesse comprato i titoli di Stato, il Paese sarebbe fallito». A pronunciare in Parlamento la frase più dura (forse più onesta) degli ultimi tempi – boccone amarissimo per l’orgoglio iberico – è stato il ministro delle Finanze, Cristobal Montoro.Dal boom allo "sboom": ormai anche Madrid ammette di essere sull’orlo di una crisi di nervi, ma questo non è un film di Almodovar e c’è poco da ridere. La Spagna combatte contro una nuova recessione dopo il 2009, ha aggiunto il ministro, ma il debito «ci sta schiacciando e condizionando». Nonostante tutto, le misure assunte dal governo di centrodestra sono quelle necessarie, afferma il responsabile delle dissestate finanze iberiche: «Dobbiamo ridurre la spesa pubblica per crescere» e «bisogna rinunciare ai servizi che non possiamo pagare».In aula la mega-sforbiciata della squadra di Mariano Rajoy è passata con 180 sì, 130 no e un solo astenuto: l’ennesima manovra austera ha come obiettivo un risparmio di 65 miliardi di euro. Soltanto il Partito Popolare appoggia il suo governo: il resto prende le distanze dai tagli più impopolari della democrazia. Anche il premier Rajoy, in evidente difficoltà, si allontana dall’emiciclo per poi tornare a votare. Al termine, nessun applauso: solo pragmatismo. Sono «sforzi e sacrifici» che «dobbiamo fare», anche perché «obbediscono alle raccomandazioni dell’Ue, che sono obbligatorie», sottolinea Montoro. Come dire: non ci sono alternative.Fra le misure inserite nel polemico decreto spiccano l’aumento dell’Iva (senza il quale «il pagamento dei salari ai dipendenti pubblici sarebbe a rischio»), le drastiche riduzioni di alcuni servizi («il governo agisce per necessità») e l’eliminazione della tredicesima per i dipendenti pubblici. Mentre l’esecutivo ribadisce la volontà di «ristrutturare il settore pubblico» e «chiedere ai funzionari di lavorare di più», nelle piazze cresce il malumore.I dipendenti statali ieri hanno organizzato accese proteste in 80 città: i sindacati reclamano un referendum. «Vogliono rovinare il Paese»; è in corso «una truffa democratica»; hanno vinto le elezioni con un programma "agli antipodi" rispetto alle misure in corso: le accuse contro Rajoy si moltiplicano e il clima sociale è sempre più
caliente. La Spagna naviga in cattive acque: diversi analisti scommettono sul piano di salvataggio (non solo bancario) entro agosto. I mercati sono nervosi: ieri, durante il dibattito sulla manovra anti-deficit, lo spread fra Bono spagnolo e Bund tedesco ha raggiunto i 582 punti, per poi chiudere a quota 579 (con il rendimento dei Bonos a 10 anni intorno al 7%). Aumentano i dubbi sulle capacità di Madrid di uscire dal tunnel.L’asta dei titoli di ieri era una prova del fuoco per la manovra di Rajoy, ma è stato uno "schiaffo" per la Spagna, scrive
El Confidencial. Madrid ha venduto Bond con scadenza 2014, 2017 e 2019 per 2,98 miliardi, poco sotto l’obiettivo di 3 miliardi, ma con tassi in deciso rialzo e domanda in calo. Il rendimento medio del biennale è balzato al 5,204% ( rispetto al 4,335% di giugno), quello del 5 anni al 6,459% (era del 6,072%) e il tasso sulla scadenza 2019 si è attestato al 6,701%. Di fronte ad un panorama sempre più cupo, con una disoccupazione giovanile superiore del 50%, non stupiscono i dati diffusi dall’Istituto Nazionale di Statistica: nei primi sei mesi dell’anno 40.625 spagnoli si sono trasferiti all’estero, il 44,2% in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Ad abbandonare il Paese (fino a pochi anni fa meta ambitissima anche dai trentenni e non solo dai neolaureati post-Erasmus) sono soprattutto gli spagnoli tra i 28 e i 45 anni.