Chi non ricorda le lunghe file di
cadaveri, i bambini che faticavano a respirare e avevano la bava
alla bocca: le immagini della strage di Ghouta, del 21 agosto
2013, hanno sconvolto il mondo, riportando alla memoria altre
tragiche sequenze di morte, a cominciare da quelle di Halabja,
la città curda "gasata" da Saddam Hussein nel 1998.
Quel 21 agosto i morti sono stati almeno 1.300, con ribelli e
regime che si rimpallano ancora oggi la responsabilità. Una
missione Onu incaricata di indagare sulla vicenda ha concluso
che su Ghouta, quel giorno, sono piovuti "350 litri di gas
sarin" sparati con missili terra-aria.
"Le armi chimiche sono
state utilizzate contro i civili, inclusi bambini, su
relativamente larga scala", si legge nel dossier. Un attacco
particolarmente odioso, perché lanciato tra le 2 e le 5 del
mattino, con un clima 'favorevolè, allo scopo di "massimizzarne
le conseguenze".
Dopo qualche settimana in cui tutti i media parlarono di
"venti di guerra" in Siria per il minacciato intervento militare
americano, si arrivò all'accordo russo-americano di Ginevra del
14 settembre, che sventò i raid Usa.
Il 28 settembre l'accordo venne formalizzato dal Consiglio di
sicurezza dell'Onu con l'approvazione all'unanimità della
risoluzione n.2118. Il primo ottobre arrivò a Damasco la prima
squadra di ispettori Opac-Onu, incaricata di ispezionare 23 siti
e individuare le armi dell'arsenale di Assad. L'operazione di
distruzione iniziò il 6 del mese e in meno di quattro settimane
la squadra internazionale dichiarò di aver ispezionato 21 dei 23
siti. Il 15 novembre l'Opac adottava la seconda fase del piano
per la distruzione dell'arsenale chimico: rimozione dei gas
dalla Siria entro il 31 dicembre, quella di ogni altro agente
chimico entro il 5 febbraio 2014 e la distruzione dell'arsenale
entro il giugno prossimo.
Il primo carico di materiali tossici è stato caricato dalla
missione internazionale dal porto di Latakia il 7 gennaio. Fino
ad oggi - come hanno confermato fonti dell'Opac - sono
stati effettuati 13 carichi, per un totale di circa il 48% di
sostanze altamente pericolose (priorità 1) e l'83% di sostanze
di altra natura (priorità 2). In tutto, proseguono le fonti
Opac, sono state portate fuori dalla Siria il 58,5% delle armi
chimiche dichiarate da Damasco.
La Siria non ha ancora distrutto i 12 siti (7 hangar
corazzati e 5 tunnel) sul suo territorio e l'Opac ha di recente
accordato a Damasco - che lamenta difficoltà a causa del
conflitto in corso nella regione costiera di Latakia - la
richiesta di prorogare entro il 27 aprile la conclusione del
trasporto all'estero delle 1.300 tonnellate di materiale da
distruggere.