sabato 28 febbraio 2015
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Fisico di formazione, padre di quattro figli, Boris Iefomovic Nemtsov era stato indicato nella seconda metà degli anni '90 come un possibile delfino di Boris Ieltsin per la successione al Cremlino. Alto, bruno, affascinante, buon oratore, era emerso come una delle figure più spendibili e meno impopolari fra gli allora "giovani riformatori" della leva ieltsiniana postsovietica. Già governatore di Nizhni Novgorod, era arrivato a Mosca nel 1997 per ricoprire l'incarico di primo vicepremier nel governo guidato da Viktor Cernomyrdin. Ma quando la crisi del '98 aveva spazzato via gran parte dei giovani liberali, la sua stella aveva cominciato a declinare lasciando spazio a quella che nel giro di un anno sarebbe stata la repentina ascesa di Vladimir Putin, uscito dai ranghi dei servizi segreti. Fu in quella fase che Nemtsov diede vita all'Unione delle Forze di Destra, una formazione liberale capace ancora di entrare alla Duma. Ma fin da subito si differenziò dagli altri cofondatori, l'ex premier Serghiei Kirienko e l'altro ex vicepremier Anatoli Ciubais, ponendosi in forte e aperta critica nei confronti di Vladimir Putin. Un atteggiamento ulteriormente approfonditosi negli ultimi anni, sullo sfondo di una polemica sempre più dura con il presidente in carica, da lui accusato di autoritarismo e bellicismo. Oppositore dichiarato in questi mesi anche della politica ucraina del Cremlino, Nemtsov aveva aderito alla manifestazione anti-Putin del primo marzo a Mosca convocata fra gli altri dal blogger Andrei Navalni. Nella giornata in cui è stato ucciso, l'ex vicepremier aveva invocato ancora una volta l'unità delle forze di opposizione russe e aveva scritto: "Se siete per la fine della guerra russa con l'Ucraina, se sostenete la fine dell'aggressione di Putin, venite alla marcia di Primavera". La sua morte ricorda da vicino quella di altre figure scomode della vita pubblica russa. Ed è forse l'omicidio più clamoroso - anche per le inevitabili reazioni in Occidente e i sospetti che è destinato a generare - dall'agguato che il 7 ottobre 2006, sempre a Mosca, costò la vita alla giornalista Anna Politkovskaia.
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