L'Italia alza il livello dello scontro con l’India, sulla vicenda dei due sottufficiali del reggimento San Marco Massimiliano Latorre e Salvatore Girone trattenuti in India in regime di semi-detenzione. Interviene Mario Monti («si rischia un grave precedente», avverte il premier), lo spalleggia e tenta di mediare Giorgio Napolitano, anche la Ue esce dal silenzio e persino Onu e Nato vengono chiamate in causa per le violazioni al diritto internazionale – che l’India continua a negare – di cui sono vittima i due fucilieri italiani, accusati dell’omicidio di due pescatori indiani.Clamorosa l’iniziativa del presidente del Consiglio, che telefona al suo omologo indiano Manmohan Singh: «Ogni atteggiamento da parte indiana non pienamente in linea con il diritto internazionale rischierebbe di creare un pericoloso precedente in materia di missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria. Missioni in cui sono impegnati anche militari indiani», alza il livello dello scontro coinvolgendo, in pratica, anche i livelli Onu e Nato che queste missioni gestiscono. Monti si è anche sincerato del trattamento riservato ai due militari. Ricordando che «il presunto incidente – le cui dinamiche sono ancora tutte da accertare – è avvenuto in acque internazionali e che la giurisdizione sul caso è, di conseguenza, solo italiana». Circostanza che l’India nega con forza. Il premier indiano ha comunque assicurato di voler seguire la situazione personalmente e quanto meno ha fornito ulteriori rassicurazioni – per noi niente affatto rassicuranti – sulla detenzione in luogo alternativo al carcere e non promiscuo con i detenuti comuni. Più tardi arriva un comunicato del ministero degli Esteri indiano che promette una risoluzione della vicenda, «amichevolmente in base alla legge e d’accordo con lo spirito di amicizia che caratterizza le relazioni fra i due Paesi».Quasi una risposta all’intervento e agli auspici, che nel pomeriggio erano venuti dal Quirinale: «Sul piano politico e diplomatico l’unico modo per riportare i nostri ragazzi a casa è quello di evitare qualsiasi elemento di incrinatura nel rapporto di amicizia e di reciproco rispetto tra Italia e India. La riaffermazione di questo rapporto è la migliore garanzia per una soluzione positiva della vicenda», aveva raccomandato Giorgio Napolitano, aggiungendo subito di essere informato, e confortato, del fatto che «il colloquio tra il premier e il primo ministro indiano è stato improntato sulla massima cordialità con uno sforzo alla reciproca comprensione». Parole di conforto anche per i familiari dei due marò: «Ho avuto la possibilità di rivolgermi a loro – fa sapere Napolitano – per esprimere la mia apprensione, la mia partecipazione, la massima vicinanza e solidarietà».Si chiude quindi con qualche spiraglio di dialogo una giornata che aveva raggiunto nel corso della mattinata i massimi livelli dello scontro diplomatico nella già infuocata vicenda. A innescare l’escalation una dichiarazione rilasciata da un’«alta fonte governativa» citata dalla stampa indiana, secondo cui al caso dei marò «si può applicare la legge indiana» anche perché i Nuclei militari di protezione nei quali i due militari erano inquadrati non godono per l’autorità indiana «di immunità globale secondo il diritto internazionale». Ma l’innalzamento di livello dello scontro da parte italiana aveva mietuto risultati anche in sede europea rompendo il muro di indifferenza che le istituzioni della Ue avevano mostrato sin qui sulla vicenda. Anche l’alto rappresentante per la politica estera Catherine Ashton, auspica ora «una soluzione soddisfacente» nella vicenda dei sottufficiali del reggimento San Marco. Anzi, la sua portavoce assicura che la situazione è stata seguita «in stretto contatto con le autorità italiane», e annuncia «un’azione diplomatica per arrivare a una soluzione soddisfacente». Sul piano interno è sempre più scoperto il filone polemico apertosi nel Pdl sulla gestione della vicenda. «Era ora». Commenta così la telefonata di Monti con l’omologo indiano Margherita Boniver, ex sottosegretario agli Esteri, che parla di «vulnus all’immagine dell’Italia».